Toru Iwatani e l’arcade made in Giappone

Pac-Man è uno dei videogiochi più famosi al mondo, clonato decine di volte e disponibile in innumerevoli varianti.

Eppure è molto probabile che in pochi conoscano Toru Iwatani, il suo creatore, e le vicende che hanno accompagnato la nascita di un gioco che lo stesso ideatore non esita a definire “creato per le donne e per le coppie”.

toru iwatani pacman Toru Iwatani

Il papà di Pac-Man nasce a Tokio, con precisione nel quartiere Meguro, il 25 gennaio del 1955 e la sua avventura nel mondo dei videogiochi è decisamente casuale. Iwatani, infatti, è attratto dalle potenzialità delle nascenti tecnologie digitali, in particolare come strumento di comunicazione visiva, anche se le scarse capacità dei computer del periodo sono elemento di frustrazione per il giovane nipponico.

Quando arriva alla Namco nel 1977, la gloriosa società nipponica produce flipper e il desiderio di Iwatani è quello di dare sfogo alla propria creatività realizzando un videogioco con le dinamiche tipiche di tale strumento di intrattenimento: un anno dopo nasce Gee Bee.

gee bee 1978 namcoGee Bee

Nonostante Iwatani sia soddisfatto di aver creato quello che, a tutti gli effetti, è il primo videogioco della Namco, sente che manca ancora qualcosa. Infatti la sua visione da “comunicatore” mal tollera che le sue idee raggiungano solo una parte dei potenziali utilizzatori.

Il designer Giapponese (guai a chiamarlo programmatore, visto che non lo è mai stato) comincia così ad analizzare come raggiungere il pubblico femminile, ancora spaventato dalla rivoluzione elettronica in atto e molto lontano dal mondo dei coin-up che trovano la loro naturale collocazione all’interno dei bar o, comunque, in locali prettamente maschili.

Iwatani comincia ad immaginare un gioco kawaii-like (carino, adorabile) che possa attrarre una gamma eterogena di adolescenti e che sia facilmente riconoscibile. L’idea, inoltre, è quella di creare una esperienza non-violenta, in linea con i manga per bambini e l’ingenuità tipica dei fumetti Disney, di cui il designer è grande fan. Il lavoro del designer nipponico comincia con una serie di schizzi sul suo taccuino, basando il concept del nuovo gioco su uno degli elementi fondamentali della vita umana: l’azione di mangiare.

Sulla nascita di Pac-Man, ad Iwatani piace raccontare l’aneddoto della pizza:

“…one lunch time I was quite hungry and I ordered a whole pizza. I helped myself to a wedge and what was left was the idea for the Pac-Man shape.”

[…una volta a pranzo ero tanto affamato da ordinare una pizza intera. Dopo aver mangiato una fetta, quello che restò mi diede l’idea della forma di Pac-Man.]

torueatspizza pre Iwatani e una "Pac-Man pizza"

Questa storia (per stessa ammissione del designer giapponese) è parzialmente vera, essendo la forma finale di Pac-Man legata al simbolo della parola “kuchi” (bocca), chiaro elemento centrale in un gioco incentrato sul cibo, che è rappresentato da una forma quadrata. 

kuchi kuchi

Iwatani ne cattura la linearità, decidendo, però, che la forma rotonda è più armoniosa, e la sorta di cuneo che ne interrompe la regolarità ben sintetizza l’idea di una persona affamata. Sulla semplicità dello shape è lo stesso designer a non voler aggiungere altri elementi (es: occhi o baffi), ritenendo che ciò limiterebbero la fantasia del giocatore nel “fare proprio” il gioco. La forma risultante è universalmente nota come “pizza-shape”.

Il secondo elemento del gioco, il cibo, è rappresentato in modo ancora più semplice: dei semplici pallini colorati.

Stilizzati i due elementi principali, non resta che immaginare la dinamica del gioco: l’idea iniziale di posizionare il kuchi al centro del cibo non chiarisce bene le azioni da intraprendere, così Iwatani aggiunge un labirinto e posiziona il cibo in varie parti di esso, costringendo il giocatore ad interagire con la scena per “mangiare” quanto più possibile.

original pacman sketchUno degli schizzi originali di Pac-Man

Completata l’ambientazione, il designer si concentra sulla giocabilità, poiché non c’è molto di appassionante nel semplice mangiare cibo. Così introduce 4 fantasmini: Inky, Pinky, Blinky e Cly i cui colori, rossoblugiallo e rosa, sono scelti sempre tenendo presenti i gusti femminili. Ad essi si aggiungono, infine, gli “energizzanti” che permettono al pizza-shape di vendicarsi dei fantasmi, divorandoli, e relegandoli nell’apposito recinto.

Signore e signori ecco a voi Pac-Man! Il nome definitivo si deve allo slang giapponese paku paku (in Giappone il nome originale è Pakkuman) che descrive l’azione di apertura/chiusura della bocca mentre si mangia.

Da sottolineare che Iwatani elogia il ruolo svolto dal Team di ingegneri e programmatori (circa 5 persone) che fattivamente realizzano il gioco e, in particolare, è orgoglioso dell’algoritmo di controllo dei 4 fantasmini, non banale, e uno degli elementi principali di successo del gioco stesso. Il designer giapponese ha infatti spinto affinché l’attacco dei 4 spirit fosse “graduale ed incrementale”, in modo da non mandare nel panico il giocatore e dargli la possibilità di rendersi conto di cosa fare.

Lo sviluppo di Pac-Man richiede quasi 1anno e mezzo (più della media del periodo) e la Namco non è del tutto convinta delle sue potenzialità. Nonostante ciò, Pakkuman raggiunge il mercato e, dopo un avvio lento e critiche poco lusinghiere, comincia a trasformarsi in un vero e proprio fenomeno globale.

Dopo Pac-Man, che nel 2005 si aggiudicherà il Guinness World Record come videogioco commerciale di maggior successo della storia, Iwatani si dedica allo sviluppo di Libble Rabble (1983) in cui il giocatore deve raccogliere dei funghetti evitando vari nemici.

libble rabble 1983 namcoLibble Rabble

La nuova creatura del designer giapponese non riscuote particolare successo, ma questo non lo ferma dall’immaginare e progettare nuovi software pensati per emozionare il grande pubblico. 

Nel corso del trentennio successivo, Iwatani si distacca sempre più dalla parte operativa, trasformandosi in quello che lui stesso più volte definisce “amministrativo”. In particolare le attività di Iwatani si sviluppano all’interno di un gruppo di lavoro di 40 persone, in cui si discute di nuovi media, software educativo e concetti annessi alla formazione. Il papà di Pac-Man affronta il tutto sempre con l’idea di rendere l’apprendimento un divertimento, convinto che tale approccio sia il più proficuo tra quelli attuabili.

La sua filosofia è ben descritta dalla personale visione di game designer:

“You must understand people’s souls (kokoro) and be creative enough to imagine things that can’t be thought or imagined by others. You must be compelled to do something a little bit different than the rest of the crowd and enjoy being different. You must also be able to visualize the images that will make up the game, and you shouldn’t compromise with the first easy idea that comes to mind. In the last analysis, you must enjoy making people happy. That’s the basis of being a good game designer, and leads to great game design.”

[È necessario capire l’anima delle persone (Kokoro) ed essere abbastanza creativo per immaginare cose che altri non riesco a pensare o immaginare. Devi essere obbligato a fare qualcosa di un po’ diverso rispetto e godere di tale diversità. È, inoltre, necessario essere in grado di visualizzare il gioco, senza scendere a compromessi rispetto alla prima, semplice, idea che viene in mente. In ultima analisi, è necessario godere nel rendere felici le persone. Questa è la base per un buon game designer, e porta alla creazione di un grande gioco.]

Proprio l’essenza di condivisione e di apertura, porta il papà di Pac-Man ad interessarsi ad una particolare iniziativa congiunta tra la Namco e la Tokyo Polytechnic University (TPU) per promuovere la cultura e lo sviluppo dei giochi. Dopo una serie di intensi seminari, e dopo aver percepito l’entusiasmo dei giovani studenti, Iwatani decide di accettare la proposta della TPU (2007) di diventare docente a tempo pieno del “Department of Game, Faculty of Arts, Tokyo Polytechnic University”, finalizzato a risollevare la difficile situazione nipponica nel settore dello sviluppo dei giochi:

“I thought it more important to pass on the know-how that I've accumulated over the last 30 years to the next generation. Right now, the state of career training in the Japanese games industry is on the verge of crisis”

[Ritengo che sia fondamentale trasmettere il know-how che ho accumulato negli ultimi 30 anni alla prossima generazione. In questo momento, lo stato della formazione professionale nel settore dei giochi in Giappone è sull'orlo della crisi]

iwatani tpiIwatani presso il laboratorio alla Tokio University

Grazie al suo impegno, oggi la TPU è all’avanguardia nella ricerca del connubio giocatore-gioco, tanto da aver, ad esempio, specifiche strutture per monitorare l'attività cerebrale per indagare a fondo, e scientificamente, sul rapporto tra i giochi e la reazione del cervello umano.

Da sottolineare, infine, che nel 2010 Iwatani è stato insignito del Guinness World Record, sempre per Pac-Man, come gioco arcade più installato di sempre.

toru iwatani award faor pacman game designIl professor Iwatani all'assegnazione del Guinness World Record

“Computer Lib / Dream Machine”, il libro di culto

Il 1974, tra i vari avvenimenti (si pensi alla fondazione di Microsoft), è anche l'anno dalla pubblicazione della prima edizione di Computer Lib / Dream Machine del visionario Ted Nelson, al grido di 

il potere del computer al popolo! Abbasso la cyberfuffa”, 

in cui con “cyberfuffa” Nelson si riferisce ai modi di “fregare” la gente usando i computer.

computer lib

Computer Lib / Dream Machine

Il libro, ormai un vero e proprio cult, è il primo dedicato ai personal computer, nato dall’avversione del suo autore rispetto allo stereotipo del tempo (siamo nel ’74) secondo il quale computer dovevano essere grandi, grossi e “burocratici” e sotto il dominio di IBM. Soprattutto lo strapotere di BigBlue è un qualcosa che Nelson non riesce a tollerare, associando al gigante dell’elettronica il ruolo di “nemico della libertà personale”.

L’idea di coinvolgere le masse agli albori di quella che si sarebbe rilevata la “Rivoluzione Digitale o Informatica” è il filo conduttore di un’opera editoriale ricca ed estroversa che Nelson auto-pubblica in 40.000 copie.

Il libro si presenta come una collage di frammenti di testi dattiloscritti, fotocopie, schemi e disegni alla maniera del Whole Earth Catalog, aprendo le porte alla rivoluzione culturale dei personal computer e fornendo il primo esempio di infographic. Altra nota caratteristica è il formato “double falce”: la prima metà del libro è Computer Lib: You can and must understand computers now, mentre l’altra metà (per leggere la quale bisogna letteralmente capovolgere il volume) si intitola Dream Machines: New freedoms through computer screens—a minority report.

comp lib2Una pagina interna di Computer Lib

Nonostante il forte impatto che il volume ha sugli appassionati del periodo e in particolare gli “hippi”, parte dei quali si sono poi trasformati nei grandi guru dell’informatica (processo ottimamente raccontato in “Bit Pop Revolution: Gli Hippie che inventarono il futuro”), Nelson ritiene che il suo libro abbia fallito nell’intento perché non ha raggiunto le masse, ma solo, un ristretto numero di smanettoni.

Resta il fatto che le sue idee e le sue visioni hanno contribuito fortemente a plasmare il mondo che oggi conosciamo, ponendo le basi del suo successivo lavoro “Literary Machines” (1981) con cui porta il grande pubblico a scoprire e capire i sistemi ipertestuali, ispirando lo stesso Tim Berners Lee nella creazione del World Wide Web.

BSS 01, la console della Germani dell’Est

La BSS 01 è l’unica console realizzata nell’ex Repubblica Democratica Tedesca, quella, per intenderci, sotto il dominio Sovietico fino alla riunificazione delle due realtà tedesche.

bss01 1La BSS 01

La BildSchirmSpielgerät 01 (più o meno “Screen Video Game 01” o Videogioco 01) è stata prodotta dalla Kombinat Mikroelektronik Erfurt, in collaborazione con la società di semiconduttori VEB, ed è nota anche come RFT TV-Spiel.

bss01 boxIl Box originale

Basata sul AY-3-8500-7, importato inusualmente da produttori non appartenente al blocco sovietico, era venduta a un prezzo fissato dallo stato: circa 550 marchi DDR. Un costo stratosferico (praticamente la metà del salario medio dell’epoca) che consentì solo a pochi fortunati di acquistarla, mentre la maggior parte degli esemplari prodotti vennero destinati a istituzioni educative come la “Pionierhaus”.

Da un punto di vista funzionale, la console è una simil-Pong dotata di 4 giochi selezionabili: TennisFußball(calcio), Squash e Pelota (palla basca) e 2 giochi con fucile / di mira, non abilitati per impliciti costrizioni del regime politico.

certificato di garanziaIl certificato di garanzia

La BSS 01 venne realizzata in due diverse colorazioni, nero ed avorio, e venne pianificato anche la realizzazione di una versione a colori, denominata “BSS 02”, che però non vide mai la luce poiché la società produttrice decise di dedicarsi alla produzione di radio sveglie. 

Hartmut Esslinger ed il "primo iPhone"

Nel 1983 Apple realizza un prototipo di telefono fisso con un ampio display controllabile tramite pennino e, ovviamente, di colore bianco.

360iphoneIl "primo" iPhone

Il design è curato dalla Frog Design Inc. di Hartmut Esslinger, più noto alle cronache Apple per aver contribuito in modo sostanziale all’Apple IIc, il primo computer portatile della casa di Cupertino.

hartmut esslingerHarmut Esslinger

Esslinger ha sempre affermato: 

La funzionalità pura lascia spazio alle emozioni… La forma segue l'emozione…”

in linea con quanto perseguito da bigA e da Jobs:

“Apple thinks “thirst” not “glass of water;” an electronic device as a cultural and human statement not just a piece of plastic and technology.” [Apple pensa al bisogno (sete) e non alla soluzione in se (bicchere d’acqua); un dispositivo elettronico come cultura e affermazione umana, e non semplicemente un insieme di plastica e tecnologia]

Esslinger cattura l’attenzione di Jobs riuscendo a strappare un contratto da 1milione di dollari l’anno per trasformare la società da start-up della Silicon Valley a brand mondiale… eh si, la casa di Cupertino pensava già allora ad una strategia per diventare icona stessa del mondo IT.

Così la Frog Desing crea il famoso “Snow White design language”, che ha permesso ai computer della Mela degli anni’80 di avere un design innovativo e compatto tanto da renderli icona del loro tempo. Lo “Snow White design language” ottenne il premio “Design of the Year” dalla rivista Time nel 1983 e venne utilizzato anche per la realizzazione del mitico Macintosh

FrogDesignGallery Snow White design language

Nella sua continua attività di ricerca, Esslinger crea anche un prototipo di tablet monocromatico che utilizza, sostanzialmente, la stessa tecnologia del “primo iPhone”.

apple tablet touchscreenIl primo Tablet Apple

La sinergia tra il designer e il carismatico co-fondatore di Apple continua anche quando quest’ultimo abbandona Apple (1985)- Esslinger, infatti, lo segue in NeXT e diventa un po’ il padre stilistico dell’innovativa famiglia di calcolatori partorita dalla geniale mente di Steve, tanto che i principali brevetti inerenti il Design dei prodotti NeXT (identificati dal prefisso “D”), tra i quali: “Central Processing Unit”, “Computer Housing”,“Computer Monitor”, e “Mouse for a Computer”,  sono tutti a sua firma.

nextcube specificheUna pagina del brevetto del design del NeXTCUBE

Tutte queste rarità stanno oggi tornando alla luce grazie al lavoro di valorizzazione della Stanford University sul materiale donato da Jobs al suo rientro in Apple nel 1997. 

Il tutto era stato conservato e raccolto dalla casa di Cupertino al fine di realizzare un museo ufficiale, ma Steve decise di cancellare il progetto, in linea con la sua azione di tagliare i ponti con il passato nella creazione della “nuova” Apple.

Konrad Zuse, il Plankalkül ed il Z4

Sistemi Operativi, Applicazioni, Giochi e tutte le altre tipologie di software con cui quotidianamente interagiamo, sia se stiamo seduti davanti ad un PC che se utilizziamo il nostro smartphone, hanno un minimo comun denominatore: sono scritti utilizzando un linguaggio di programmazione.

Oggi esistono decine di linguaggi più o meno complessi, ognuno con i propri punti di forza e i propri punti di debolezza che lo rendono più o meno adatto ad un contesto specifico.

Ma qual è stato il primo linguaggio di programmazione della storia? Ebbene, questa domanda si intreccia in modo diretto con una seconda questione: qual è stato il primo computer elettronico (a relè) della storia?

Per rispondere a queste domande dobbiamo ritornare alla prima metà del secolo scorso, e se il viaggio è temporalmente lungo vi sorprenderà scoprire che non lo è dal punto di vista spaziale poiché ci proiettiamo in Germania.

E’ infatti qui che, nel 1935, Konrad Zuse, ingegnere civile tedesco, inizia i suoi esperimenti informatici con lo scopo di realizzare strumenti in grado di eseguire velocemente i complessi calcoli necessari alla progettazione dei velivoli, attività a cui si dedicava per l’aviazione tedesca.

konrad zuse 1Konrad Zuse

In realtà si trattava di una strada già percorsa dal matematico inglese Charles Baggage quasi un secolo prima che, però, si rilevò senza sbocchi per l’assenza delle tecnologie necessarie a realizzare i progetti.

Tornando a Zuse, il primo sistema su cui l’ingegnere tedesco comincia a lavorare è lo Z1 (dove la “Z” sta per Zuse), realizzato nella casa di famiglia a Berlino in modo segreto, visto che gli anni erano quelli del terzo reich, dove ogni diritto poteva essere soppresso in funzione delle volontà del Fuhrer. Ad essere precisi il nome originale era V1, con “V” abbreviazione di Versuschmodell (modello sperimentale), ma fu subito cambiato per evitare l’assonanza con i terribili missili nazisti.

konrad zuse 2 z1Lo Z(V)1 durante la sua realizzazione

Al progetto contribuirono molte persone: dalla famiglia ai compagni di studi, in particolare Herber Weber, passando per semplici conoscenti che diedero il proprio contributo nella realizzazione fisica del calcolatore.

Lo Z1 era un calcolatore programmabile, comandato attraverso un insieme di levette azionate da un motore elettrico. Il sistema era basato sulla rappresentazione binaria (numeri sekundal) e su una netta separazione tra memoria e processore, esattamente in sintonia con la definizione di calcolatore data da John von Neumann dieci anni dopo (1946) e fatta propria dall’ENIAC e dal Mark1. Zuse introduce, inoltre, la rappresentazione dei numeri in virgola mobile basati su segno, esponente e mantissa, praticamente lo standard dell’IEEE (Institute of Electrical and Electronics Engineers) per il calcolo in virgola mobile.

konrad zuse 3 z1Spaccato della ricostruzione dello Z1 conservato presso il Deutsche Technik Museum di Berlino

La memoria era di tipo meccanico e organizzata in 64 parole da 22 bit, mentre i dati e le istruzioni venivano caricate tramite un nastro perforato, simile a una pellicola cinematografica.

I tempi di elaborazione erano eccezionali: circa 1/2 secondo per un’addizione, 1 secondo per una sottrazione, 3 secondi per una moltiplicazione e 6 secondi per una divisione, nulla rispetto alle potenze attuali, ma stratosferici per il periodo.

Nonostante ciò, l’importanza dei risultati non fu compresa e solo il supporto di colleghi e amici spinse l’ingegnere tedesco a non abbandonare il proprio lavoro.

Lo step successivo fu quello del passaggio dalla memoria meccanica a quella composta da una struttura a relè, ma Zuse non era un esperto e si affidò al collega Helmut Schreyer che aveva una certa dimestichezza con la teoria elettromagnetica. Shreyer ipotizza, inoltre, la possibilità di introdurre nei calcolatori unità aritmetiche basate sui tubi a vuoto, in modo da diminuire fortemente i tempi di elaborazione. Così, mentre supporta Zuse nella revisione dello Z1 (in ottica relè), si dedica alla realizzazione (11939/1940) di un prototipo di sommatore a 10bit che usa tubi a vuoto ed un prototipo di memoria che usa lampi al neon. Quanto realizzato da  Schreyer, però, non venne mai utilizzato direttamente da Zuse per i suoi calcolatori.

Dopo circa sei mesi di lavoro il nuovo Z1-b era in grado di eseguire addizioni, sottrazioni e negazioni con tempi decisamente migliori, rendendo più evidenti i possibili sviluppi. Inoltre il nuovo sistema permette a Zuse di ottenere un finanziamento di 7.000 Reichsmark da parte di Kurt Pannke, proprietario di un’azienda di macchine da calcolo.

A questo punto entra in gioco la logica e l’algebra, in particolare quella Booleana che venne approfonditamente studiata dall’ingegnere e fruttò la formulazione dei principi base del Plankalkül (in tedesco “calcolo dei programmi”), il primo linguaggio di programmazione ad alto livello della storia.

Un esempio, in pseudo-codice, di algoritmo Plankalkül, per il calcolo del massimo di tre variabili attraverso la funzione max, è il seguente:

P1 max3 (V0[:8.0],V1[:8.0],V2[:8.0]) => R0[:8.0]

max(V0[:8.0],V1[:8.0]) => Z1[:8.0]

max(Z1[:8.0],V2[:8.0]) => R0[:8.0]

END

P2 max (V0[:8.0],V1[:8.0]) => R0[:8.0]

V0[:8.0] => Z1[:8.0]

(Z1[:8.0] < V1[:8.0]) -> V1[:8.0] => Z1[:8.0]

Z1[:8.0] => R0[:8.0]

END

 

Il Plankalkül si può ritenere il  “papà” dell’ALGOL (58), tant’è che Heinz Rutishauser, uno dei suoi creatori affermò:

“The very first attempt to devise an algorithmic language was undertaken in 1948 by K. Zuse. His notation was quite general, but the proposal never attained the consideration it deserved.”

[“Il primo tentativo di creare un linguaggio algoritmico è stato intrapreso nel
1948 da K. Zuse.
 La sua formulazione era piuttosto generica, ma la proposta non hai mai 
ottenuto la considerazione che meritava.”]

Zuse era arrivato alla conclusione che grazie ad esso lo Z1 fosse in grado di analizzare le relazioni tra i numeri inseriti e, persino, effettuare una partita a scacchi. Per quanto la cosa possa sembrare incredibile (e all’epoca era semplicemente un’idea folle), nel 2000 il professore Rojas della Technische Universität Berlin in Germania è riuscito a realizzare un gioco degli scacchi proprio attraverso la prima implementazione concreta del Plankalkül, realizzata in java.

konrad zuse 4 plankalkulPlankalkül Java Applet

Il linguaggio di Zuse conteneva già i concetti di modularità e scope (locale o globale) delle variabili, anche se quest’ultime non erano “tipizzate”, ovvero non era possibile distinguere il tipo di numero rappresentato (reale o intero). Erano inoltre presenti: le operazioni di assegnazione, gli stati condizionali (if-then-else), i loop, la gestione delle operazioni logiche, la gestione delle eccezioni sulle operazioni aritmetiche, l’abolizione del GOTO.   Il Plankalkül venne completato, a livello concettuale, tra il 1943 ed il 1945, e reso pubblico solo nel 1972.

Nel frattempo lo scoppio della seconda guerra mondiale porta all’arruolamento obbligatorio di Zuse e solo l’influenza di Pannke gli permette di ottenere alcuni privilegi che gli consentono di continuare i suoi studi, anche se l’ingegnere non riesce inizialmente ad ottenere il congedo. Viene presto trasferito a Berlino, presso una divisione che faceva capo all’industria aereonautica per cui aveva lavorato in precedenza, dove ha l’occasione di applicare le proprie teorie, e, soprattutto, dove è libero, nel fine settimana, di dedicarsi allo sviluppo delle evoluzioni del Z1.

Nel 1940 nasce così lo Z2, un nuovo prototipo sperimentale che riesce a catturare l’interesse dell’Istituto Tedesco per la Ricerca Aereonautica (DVL) guidato da Teichmann. Il nuovo calcolatore dimezza praticamente i tempi del suo predecessore ed introduce la possibilità di effettuare la radice quadrata. I risultati vengono visualizzati da una serie di lampadine in grado di rappresentare anche la virgola mobile.

konrad zuse 5 retepoliRete polifunzionale per eseguire la somma e il prodotto di due bit realizzata mediante due relè, simile (concettualmente) a quella utilizzata per lo Z2.

L’istituto tedesco decide di finanziare il lavoro di Zuse e di utilizzare per scopi militari il nuovo Z3, che sarà poi distrutto durante il blitz areo del 1944. L’ingegnere tedesco aveva appena terminato la sua nuova “creatura” che la guerra comincia ad assumere risvolti negativi per la Germania, stravolgendogli di nuovo la vita.

Viene prima riarruolato e poi ricongedato, ma il problema maggiore è la mancanza di fondi per continuare le proprie attività di ricerca, nonostante abbia fondato la Zuse Apparatebau con l’intento di commercializzare i propri sistemi.

konrad zuse 6 z3La ricostruzione dello Z3 in mostra al Deutsche Museum di Monaco

Il lavoro di Zuse va comunque avanti e nel 1949 riesce a completare lo Z4, con una memoria di 1024 parole ed in grado di elaborare istruzioni condizionali. La sua realizzazione avvenne con pezzi dei modelli precedenti e materiale fortuito recuperato per strada durante i bombardamenti.

Appena terminato, però, lo Z4 dovette essere smontato per una evacuazione di emergenza che lo portò, insieme al creatore e a gran parte del team di lavoro, pima a Göttingen (sempre in Germania) e poi in Baviera. Qui il lavoro dell’ingegnere tedesco continua attraverso la creazione della ZUSE KG e l’inizio della commercializzazione dello Z4, unico computer digitale in Europa in quel periodo ed il primo computer commerciale al mondo.

konrad zuse 7 zusekglogo ZUSE KG logo

La società di Zuse sviluppa altri computer, tra i quali si segnalano lo Z11, acquistato da aziende e università, e lo Z22, uno dei primi a utilizzare le valvole termoioniche (tubi a vuoto). Nel 1965 l’ingegnere viene insignito del “Werner von Siemens Award”, il più importante riconoscimento tecnologico tedesco, anche se la cosa ha il sapore di una sorta di ipoteca da parte di Siemens che acquista la Zuse KG nel 1967 per problemi economici, dopo che quest’ultima ha  realizzato ben 251 computer.

Dopo la vendita, Zuse si dedica alla pittura, suo grande amore, e a scrivere la propria autobiografia, non senza lasciare al mondo un’ultima invenzione: la “Helix Tower”, ovvero una struttura ad altezza variabile per generare energia “catturando” il vento.

konrad zuse 8 zuse foto
Zuse vicino al prototipo (in miniatura) dell'Helix-Tower

L’ingegnere muore nel dicembre del 1995 all’età di 85 anni ma le sue memorie rivivono nel sito realizzato dalfiglio Hörst, docente di informatica alla Technische Universität Berlin, interamente dedicato alla sua vita ed al suo lavoro. 

Nel 1998 il Convegno Internazionale di Informatica ha ufficialmente riconosciuto a Konrad Zuse il merito di aver realizzato il primo computer programmabile "funzionante" della storia (“Z1”).

konrad zuse 9 zuse francobolliCommemorazione della Guinea-Bissau (Africa) del 2009 (Zuse in basso a sinistra)

konrad zuse 10 zuse francobollo Il francobollo tedesco per i 100 anni dalla nascita di Zuse

Free Joomla templates by Ltheme