La storia di Atari è legata al suo fondatore, Nolan Key Bushnell, nato il 5 febbraio del 1943 a Ogden, nello stato dello Utah.
Figlio di un imprenditore edile, comincia ad appassionarsi ai temi tecnologici già nei primi anni della scuola dell’obbligo, dilettandosi con i “science box”. Il giovane Nolan si trova a confrontarsi già in adolescenza con il mondo degli affari a causa della prematura scomparsa del padre, quando appena 15enne gli succede nella gestione dei contratti in corso.
Nolan Bushnell
Conclusi gli studi superiori, Bushnell si iscrive all’Università dello Utah, pagandosi la retta con lavori part-time, tra cui si annovera quello presso il parco divertimenti Lagoon Amusement Park di cui diventa Manager.
La carriera universitaria non è particolarmente brillante, ma gli permette di dedicarsi, nei pochissimi momenti di svago, agli scacchi e al gioco di strategia giapponese GO.
Tra tutti i corsi e i seminari seguiti, a condizionare profondamento il futuro del giovane studente è un corso di computer graphics, tenuto da Evans e Sutherland, fondatori dell’omonima società accreditata come la “world’s first computer graphics company”.
Questa esperienza diretta nel mondo ludico fa crescere la consapevolezza al futuro ingegnere che la tecnologia, per diventare di massa, deve essere prima percepita come strumento di divertimento in modo da diventare familiare. Fedele a questa teoria, appena laureato, cerca di entrare in Disney, considerando Disneyland uno dei luoghi più affascinanti che esistano:
“Although it’s a place devoted to fun and frivolity it is really on the cutting edge of technology. People don’t realise that frivolity is the gateway to the future, in that most future products don’t start as necessities but as toys.”
[Nonostante sia un luogo destinato al puro divertimento, è davvero all’avanguardia tecnologica. Le persone non si accorgo che il semplice divertimento è la porta per il futuro, in quanto la maggior parte dei nuovi prodotti non nasce per soddisfare una necessità, ma per divertimento.]
Ma Bushnell ha poca fortuna e deve “ripiegare” inizialmente sulla Lagoon Corporation (Salt Lake City) dove comunque resta nell’ambito ludico assumendo il ruolo di game manager. Dopo circa un biennio, si trasferisce alla Ampex (California) nella divisione Advanced Technologies, impegnata nella progettazione di registratori a nastro. La Ampex è una fucina di futuri innovatori, tanto da annoverare tra i suoi ex-dipendenti anche altri nomi illustri come, ad esempio, Larry Allison di Oracle.
Le ambizioni del giovane ingegnere sono, però, ben altre, e comincia a dedicare il tempo extra-lavorativo allo sviluppo di un videogioco basato su un PDP-mini. Il problema principale è il costo esorbitante del calcolatore: non è ipotizzabile che il costo di uno strumento ludico (parlare di videogioco è ancora prematuro) sia di ben 10.000 dollari, senza contare le limitate capacità elaborative. Stanco dell’Ampex, dopo aver accumulato una discreta somma con l’attività di gestione/fornitura dei flipper nei bar e aver lavorato per pochissimo tempo presso una società che realizzava slot machine, decide che è giunta l’ora di mettersi in proprio.
Così nel 1971, insieme a Ted DABNEY (collega all’Ampex) e Larry Bryan, fonda, con un investimento di 500$, una sorta di studio/cooperativa chiamato Syzygy Engineered, il cui nome si ispira all’omonimo fenomeno di allineamento dei corpi celesti. Syzygy guarda alla Silicon Valley e i due ingegneri si mettono subito al lavoro per creare ComputerSpace, il primo coin-op commerciale, basato sullo storico SpaceWar! sviluppato come passatempo per il DEC PDP-1 da Steven “Slug” Russell presso il MIT agli inizi degli anni ’60.
ComputerSpace ADV
ComputerSpace viene distribuito da Nutting Associates ma riscuote scarso interesse, anche in funzione del fatto che i “videogiochi” sono ancora quasi sconosciuti e il gioco stesso è decisamente complicato, tanto da richiedere un corposo manuale.
In una intervista al New York Times Magazine, Bushnell dichiara:
“All my friends loved it. But all my friends were engineers. The beer drinkers in the bars were baffled by it. I decided what was needed was a simpler game.”
[Tutti i miei amici lo amavano. Ma tutti I miei amici erano ingegneri. I bevitori di birra erano disorientati da esso. Così decisi che quello di cui avevamo bisogno era un gioco più semplice.]
Bushnell ipotizza inizialmente di creare un simulatore di guida, ma la sua realizzazione è decisamente complessa e fuori portata. Viene così scelto il “b-plan”: creare un videogioco per il mercato consumer, differente da qualsiasi altra cosa mai vista, tanto da farne innamorare i fruitori e fidelizzarli negli anni. Sicuri che il nuovo prodotto possa rappresentare qualcosa di straordinario, si pone la questione di trasformare Syzygy in una vera e propria società, ma il marchio è già registrato.
Così Syzygy diventa Atari, in omaggio ad una mossa del diffusissimo gioco da tavolo giapponese GO, tanto amato da Bushnell.
Bushnell e Dabney nel 1972
Al team si unisce Allan (Al) ALCORN (conosciuto sempre alla Ampex), convinto da Bushnell grazie ad uno stratagemma: l’esistenza di un fantomatico accordo con General Electric che prevede la produzione di un sistema consumer video-ludico. In realtà, l’azienda ha in mano solo una lettera con la quale GE la invita ad inviare una proposta in tal senso, con la promessa di valutarla.
Il nuovo gioco ha una logica decisamente semplice (quasi banale se calato nei nostri giorni): si tratta di intercettare con una “barretta” una pallina che rimbalza da una parte all’altra dello schermo. Praticamente un ping-pong digitale, da cui il nome. Il concept non è frutto di Bushnell, bensì affonda le radici nel 1966, quando Ralph Baer, coadiuvato da Bob Tremblay, dopo anni di lavoro, mostra ai propri vertici societari una demo di un gioco capace di creare interattività su di un classico televisore.
Si tratta di Wipe Out, nel quale i due punti devono inseguirsi allo scopo di eliminarsi a vicenda e che sarà alla base della futura console Odyssey della Magnavox. Baer è oggi ricordato come “Il Thomas Edison dei video giochi”.
Il prototipo di Baer