Eh si, il Personal Computer più venduto al mondo spegne in questi giorni 40 candeline e di tempo ne è decisamente passato dal gennaio del 1982 quando fu presentato al CES di Las Vegas.
I numeri di questo piccolo gioiello sono da capogiro: si stima siano stati prodotti tra i 17 ed i 22 milioni di unità, nelle varie edizioni che lo hanno accompagnato. Anche tecnicamente il C64 si difendeva decisamente bene: processore MOS 6510 (MOS Technology era di proprietà della stessa Commodore e le cui CPU 6502 furono utilizzate da Apple per l’Apple I e II) con frequenza di 1 MHz, 64KB di RAM, due chip diversificati per la grafica e la riproduzione audio, entrambi con caratteristiche avanzate. Nel 1983 ne viene persino realizzata anche una versione “trasportabile”: l’SX-64, dotata di monitor CRT a colori e lettore floppy da 5,25" incorporati.
Come da tradizione in questa rubrica, vogliamo però spingerci oltre e non parlare del calcolatore in se, ma dell’uomo dietro al suo successo, ovvero Jack Tramiel.
Jack Tramiel
Nato in Polonia il 13 dicembre del 1928, di origine ebraica, dopo essere scampato allo sterminio nazista, emigra negli USA e si arruola nell’esercito.
Di istanza a Fort Dix apprende l’arte di riparare gli strumenti di ufficio, in particolare le macchine da scrivere Hermes Baby, riuscendo, nel frattempo, ad ottenere un contratto di assistenza alla Fordham University e a frequentare un corso presso l’IBM per imparare a riparare le macchine da scrivere elettriche. Nel 1952 lascia l’esercito e, dopo essere diventato cittadino americano nel ’53, inizia a lavorare come tassista e riparatore tuttofare, grazie all’apertura di un piccolo laboratorio di macchine per ufficio nel Bronx (New York).
La svolta però arriva nel 1954: in società con un amico fidato crea la Commodore Portable Typewriters, con un nome ispirato dalla sua passione per il mondo militare. Si narra, infatti, che essendo già utilizzati i nomi Admiral e General, Tramiel optò per Commodore dopo aver visto a Berlino, durante un viaggio, una macchina con il nome inciso su di essa.
Il primo atto della società è quello di acquistare 200 macchine da scrivere IBM delle Nazioni Unite, ripararle e rivenderle. Con i proventi viene ripetuta l’operazione con uno stock di macchine Singer, ma Tramiel, insoddisfatto dei profitti che la società riesce a trarre da questo business, inizia ad importare e commercializzare macchine da scrivere dall’Europa E qui c’è un pezzo d’Italia: infatti Tramiel ha una particolare attenzione per i prodotti Olivetti, di cui è grande estimatore.
Nel 1955 nasce la Commodore Business Machines International (CBM), con lo scopo di importare negli USA macchine da scrivere prodotte dalla Ceca Zbrojovka Brno. Per fare ciò, però, Tramiel deve creare la società in Canada (Toronto) poiché facendo l’allora Cecoslovacchia parte del blocco comunista, era vieto importarne i prodotti negli States. A tal proposito Tramiel dirà:
“..We bought the parts in Czechoslovakia and assembled them in Canada, so our typewriters were true Canadian products..” [compriamo i pezzi in Cecoslovacchia e li assembliamo in Canada, così le nostre machine da scrivere sono un “vero” prodotto Canadese]
Nel 1962 la CBM approda in Borsa, e, successivamente, in seguito all’invasione delle macchine da scrivere giapponesi, comincia a guardare ai mercati affini, in particolare alla produzione di calcolatrici utilizzando tecnologia e componentistica di Bowmar e Texas Instruments.
Commodore portable Typewriter I
Tramiel intuisce l'importanza strategica della microelettronica e decide di rendersi indipendente con l'acquisizione (1976) della MOS Technologies, società che produce chip di elevata tecnologia ma finanziariamente in cattive acque.
SR7919, una delle calcolatrici Commodore
Eccetto i circuiti per le calcolatrici, Tramiel è intenzionato a tagliare tutti i rami secchi dell'azienda acquisita, ma Chuck Peddle, già in MOS, riesce a convincerlo che la CPU 6502 (terminata da poco) potrà dare grandi soddisfazioni in futuro, diventando la base per la produzione di personal computer. La sfida non è tanto nel far capire al CEO di Commodore il “valore” della CPU, quanto spiegargli, nel 1976, cosa sia un “personal computer”: un'idea astratta, un'intuizione comune a pochissime persone al mondo.
La leggenda vuole che il pragmatico Tramiel abbia dato a Peddle una sorta di ultimatum: portare a termine entro sei mesi il progetto di un computer per il mercato professionale, pena l’abbandono del settore. La scadenza è rispettata: e nel '77 nasce il primo personal computer di Commodore: il PET 2001, ovvero il Personal Electronic Transactor 2001.
Chuck Pedddle
L’acronimo “PET” è un riferimento diretto all’animale domestico, mentre “2001” si ispira al celebre film di Kubrik del 1968 e alle fantastiche capacità del computer HAL. Tutte scelte orientate ad accreditare il nuovo sistema come “assistente personale” nell’immaginazione degli utenti non professionali.
Il PET 2001 in tutto il suo splendore
Oltre alla CPU 6502, che funziona a 1 MHz, la macchina ha 4KB di RAM, il linguaggio di programmazione Microsoft Basic, monitor e registratore a cassette incorporati, il tutto offerto inizialmente a 600 dollari. Il PET si rivela un grande successo e genera una domanda che eccede molte volte le capacità produttive di CBM, tanto che l’azienda (senza concorrenti diretti al momento) impone agli acquirenti tempi di consegna che superano i tre mesi. L'architettura di base del PET viene successivamente aggiornata con maggiore memoria, una tastiera più efficace e una unità di registrazione a disco magnetico.
Nel gennaio del 1981, per rispondere al crescente interesse del mercato consumer per i computer, Commodore crea una sorta di versione ridotta del PET a cui dà il nome di VIC-20 e che viene offerto a 299 dollari.
VIC20
Anche in questo caso il nome del nuovo microcalcolatore è un connubio di due termini diversi: “VIC” sta per Video Interface Chip (il circuito grafico), mentre “20” sembra essere un numero di fantasia, senza rapporti con parametri funzionali.
Il progetto è guidato da Michael Tomczyk, mentre Bob Yannes è il responsabile dell’architettura e, in seguito, anche dell’innovativo chip musicale SID del C64. In Giappone il VIC-20 viene commercializzato con il nome di VIC-1001 dalla sussidiaria Commodore Japan Ltd, guidata da Taro Tokai.
E così il nostro viaggio arriva al già citato 1982 e al Commodore 64.
Il C64 è un personal computer senza compromessi, sia pure con un prezzo di vendita di 599dollari, non proprio alla portata di tutti. Il livello notevole delle capacità fa sì che il sistema possa essere prodotto per lungo tempo senza aggiornamenti rilevanti e quindi, a differenza dei concorrenti, senza creare discontinuità nel supporto software. Potendo contare su una crescita esponenziale delle vendite, prezzi della tecnologia in continuo calo e un lunghissimo periodo di produzione, il nuovo computer si rivela un grandissimo successo per CBM.
Commodore 64
Nel 1984 la società supera la soglia del miliardo di dollari di fatturato, ma Tramiel non è soddisfatto di una cosa: nella sua visione, il “personal” è tale solo se è accessibile da tutti:
We need to build computers for the masses, not the classes [dobbiamo costruire computer per le masse, non per le classi]
così decide di far abbassare il prezzo del C64 a 199dollari, innescando una feroce guerra dei prezzi nel settore, con comprimaria diretta la Texas Instrument ed il suo Tl99.
Così la figura carismatica di Tramiel comincia ad apparire agli azionisti pericolosa e ingombrante. Inoltre a pesare sul curriculum del fondatore è l’incomprensibile decisione di non vendere il C64 immediatamente anche in Giappone, ma di puntatore tutto su Ultimax, alias Commodore Max Machine e per gli amici VIC-10.
VIC-10
Ultimax doveva essere il nuovo cavallo di battaglia di Commodore nel Sol Levante, ma i conti non tornarono da subito, a partire dall’irrisoria quantità di memoria di 4Kb, di cui solo 2.5Kb realmente utilizzabili per le applicazioni. Il progetto è curato da Yashi Tekamura, ma l’unica cosa innovativa sono la tastiera a membrana (leggasi Spectrum) e il prototipo del chip grafico del C64. Altra cosa assurda: anche solo per avviare il calcolatore è necessaria una cartuccia (con il Basic) da acquistare a parte!
Così Commodore perde definitivamente il mercato Orientale, complice anche l’ascesa dello standard Microsoft MSX, e Tramiel perde la guida della società che aveva fondata. Infatti il 13 gennaio del 1984, Tramiel viene sostituito da Irving Gould, il socio entrato in Commodore nel 1966 in seguito all’acquisto del 17% delle azioni, vendute da Tramiel per 400.000 dollari allo scopo di far cassa.
Lasciata Commodore e incassato l'enorme plusvalore della propria trentennale partecipazione azionaria, fonda la Tramel Technology Ltd, che a luglio del 1984 acquista Atari Inc., ceduta dalla Warner Communications in seguito ai gravi problemi finanziari generati proprio dalla suddetta guerra dei prezzi.
La famiglia Tramiel alla guida dell'ATARI Corp.
Atari diventa così Atari Corporation e Tramiel si rimette in gioco entrando come presidente e tentando di trasformarla nella “nuova Commodore”, ma decidendo di ignorare il mercato dei videogiochi che resta appannaggio di ATARI Games.
Nasce così la famosa linea Atari ST, con principale concorrente, ironia della sorte, il Commodore Amiga. Alla fine degli anni ’80 Jack lasciala poltrona a suo figlio Sam, ma in seguito ad un problema cardiaco di quest’ultimo, torna alla sua vecchi carica nel 1995. L’anno seguente Tramiel vende tutto a JT Storage (conservando un posto nel consiglio di amministrazione) che a sua volta, nel 1998, vende l’eredità Atari alla Hasbro Interactive per 5 milioni di dollari e chiude i battenti nel 1999.