Storia di Simulmondo

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In Lavorazione


Traddo ed Adattato da: Simulmondo: La nascita dell’industria videoludica italiana e la sua evoluzione, tesi magistrale di Francesco Cirica

 

Che fine ha fatto Francesco Carlà? L'uomo che, per una dozzina buona di anni, è stato sinonimo di videogiocoall'italiana? Dove è finita la mente creativa artefice di alcune trovate così avanti (pure troppo) da dare la paga su determinati concept anche ai giapponesi? [...] l'uomo simbolo di una software house che per un decennio ha osato osare. Portando nei negozi il primo, surreale simulatore reale di calcio (I Play 3D Soccer [...]) setteanni prima di Liberogrande, un gioco alla Sega Marine Fishing (Big Game Fishing) ma otto anni prima di Sega Marine Fishing, un'avventura alla Blade Runner (Italian Night 1999) cinque anni prima del gioco di Blade Runner, un gioco di corse che più italiano era difficile immaginarlo (1000 Miglia). [...] erano idee, erano nuove, erano italiane.1

simulmondo cala croci venturi

 Ivan Venturi, Federico Greci e Francesco Calà agli albori di Simulmondo (1989)

Con queste parole il blogger Alessandro Apreda (in arte “Dottor Manhattan”) rievoca l’avventura di Simulmondo, la prima software house italiana. Guidata dal suo visionario fondatore, Francesco Carlà, l’azienda costituì la prima – e per anni unica – realtà ad occuparsi della produzione di videogiochi nel nostro Paese, predicando nel deserto videoludico che era allora l’Italia nel tentativo di colmare la distanza tra il Bel Paese ed il resto d’Europa,dove già si producevano videogiochi da un decennio; per non parlare del resto del mondo, rispetto a cui l’Italia sitrovava in ritardo di almeno vent’anni: un’enormità se si pensa alla velocità con cui cambia il panorama legato ai prodotti tecnologici.

In tale ambito, i videogiochi costituiscono, fin dalla loro nascita, un settore estremamente remunerativo dal punto di vista economico, il cui peso monetario è andato costantemente crescendo dagli anni ‘70 fino al 2009, anno in cui l’industria videoludica ha raggiunto un valore d’affari doppio rispetto a quello dell’industria discografica.2 

Questo periodo ha visto anche crolli altrettanto clamorosi per il settore, da cui il videogioco, però, è sempre riuscito a rialzarsi e tornare più forte di prima. L’importanza di questo medium, tuttavia, non risiede solo nel suo peso economico, ma anche nell’estrema capacità di penetrazione che esso ha avuto nella cultura popolare, generando icone universalmente riconosciute come Pac-Man, Mario o Lara Croft, e contaminando gli altri media, specialmente il cinema, con cui ilvideogioco intrattiene un fitto scambio di contenuti e di modalità espressive.

Ciò ha portato molti a ritenere il videogioco una vera e propria forma d’arte, pur essendo nato come mezzo di intrattenimento ed essendo stato considerato per anni solamente in questa maniera; così si è cominciato a delineare l’evoluzione del medium, individuandone i titoli fondamentali, capaci di segnare un punto di svolta rispetto allaproduzione precedente ed un punto di riferimento per quella futura.

Nello stesso tempo, si è cercato di individuare le figure fondamentali, gli “autori” (sempre che questo termine sia valido per una prodotto che sempre più raramente è creato da una sola persona, soprattutto oggi) capaci di infondere la propria visione ed il proprio personale marchio di fabbrica al videogioco. Infine, un ultimo ambito in cui il videogioco si è dimostrato importante è quello tecnologico: legato in modo indissolubile all’evoluzione dell’informatica, i cui passi in avanti portano nuove possibilità espressive per il medium video ludico.

Lo scambio, però, è a doppio senso in quanto il videogioco ha spesso guidato l’innovazione tecnica, introducendo al grande pubblico il Personal Computer e anticipandone l’interfaccia di comando grafica, grazie alla sua caratteristica di far interagire direttamente l’utente con quanto avviene sullo schermo. In tempipiù recenti, poi, il videogioco è stato fondamentale per lanciare nuovi prodotti o servizi, come smartphone e connessioni internet a banda larga.

Da queste poche righe si può vedere come il campo dei videogiochi sia vasto in maniera impressionante e non stupisce che il mondo accademico vi si avvicini da una molteplicità di ambiti disciplinari, quali psicologia e psicopedagogia, passando per la semiotica e per gli studi sullo spettacolo e la cultura popolare. L’approccio accademico si è contraddistinto, in una prima fase, per uno sguardo fortemente critico verso il medium, di cui sitentava di delineare i possibili danni sulla salute psicofisica specialmente dei più giovani. In tal senso è emblematico che il primo testo accademico che tenta di analizzare i videogiochi, il lavoro del dottor Eugene Provenzo Jr. del 1991, giunga ad un giudizio fortemente ostile nei confronti dei giochi elettronici.

Negli ultimi anni, però, il ricambio generazionale ha prodotto nuove figure di studiosi, nati e cresciuti con i videogiochi, che non hanno un atteggiamento pregiudiziale nei confronti del medium, tanto che Espen Aarseth3 ha definito il 2001 l’anno uno dei game studies, poiché proprio in quel momento il ricambio generazionale verificatosi a livello accademico si è unito con lo sviluppo degli studi sulla cultura popolare. All’interno di questo ambito, sono tre le figure che studiano i videogiochi: isociologi, gli studiosi di cinema e letteratura e i game designer.

Costoro si dividono a loro volta in varie correnti di pensiero, la prima delle quali vede i giochi elettronici come simulazione di eventi reali ed è detta, pertanto, scuola della simulazione; accanto ad essa si trova la corrente dei video games studies, nati attorno al 2000 attorno alla Digital Games Research Association (DIGRA) e alle riviste Games Studies Games and Culture: essi si dividono in formalisti, provenienti da una formazione umanistica, i quali prediligono l’attenzione al gioco in sé o all’ontologia del videogame, e in situazionisti, i quali si concentrano meno sul contenuto dei giochi e più sul loro uso sociale.

In un campo così ricco di possibilità, il presente lavoro si vuole avvicinare al tema seguendo un approccio ben preciso, quello della storia del videogioco, cioè la ricostruzione storica della sua evoluzione negli anni intercorsi tra la sua nascita e l’oggi. Come notano Pellitteri e Salvador,4 anche parlare di storia del videogioco è estremamente complesso, in quanto il termine può, a sua volta, contenere una serie di approcci diversi, tutti contemporaneamentepossibili e legittimi: si può fare una storia del videogioco da un punto di vista tecnico, ricostruendone l’evoluzione delle piattaforme software e hardware che ne permettono l’esistenza; oppure si può tentare un approccio “linguistico”, tentando di delineare i cambiamenti espressivi che hanno coinvolto il medium, sia per quanto riguarda la sua grammatica sia per quel che concerne le marche di genere; infine, un altro approccio possibile può essere quello della storia delle pratiche d’uso del videogioco, cioè di come sia cambiato il modo con cui il pubblico si rapporta con il medium e, attraverso di esso, con gli altri fruitori.

Tuttavia, questo saggio vuole concentrarsi su un luogo e un momento ben specifici della storia del videogioco, e cioè l’Italia degli anni ‘80 e ‘90, vista attraverso la vicenda di una particolare realtà, quella della prima azienda di videogiochi italiana: la software house Simulmondo di Bologna, nata nel 1987 e chiusa all’inizio del 1999. L’intento è quello di ricostruirne la storia per poter illuminare una zona rimasta finora in ombra nel discorso sulla storia del videogame, che si è concentrata, giustamente, sulle realtà che hanno lasciato un segno più importante e duraturo sull’evoluzione del medium, e cioè l’America e il Giappone, come si evince dal lavoro si Steven Kent. Perfino uno studioso più interessato alla storia europea del videogioco, come Tristan Donovan, ha finora tralasciato di parlare della situazione italiana, se non per brevi cenni, pur dedicando due capitoli del suo libro alla storia del videogioco inglese e francese.

Il mio lavoro, dunque, vuole ricostruire i primi passi del videogioco italiano, cosa che permette, al contempo, di gettare uno sguardo più ampio sulla realtà del periodo, che affronti tutti gli aspetti possibili della storia del videogioco: infatti, parlando della vicenda di Simulmondo, sarà necessario non solo mostrare l’evoluzione linguistica dei suoi prodotti e rapportarla con le caratteristiche della produzione mondiale, ma anche concentrarsi sull’evoluzione delle piattaforme di gioco utilizzate nel nostro paese, nonché scoprire chi giocasse ai videogiochi in quel periodo e in che modo lo facesse.

Bisognerà, inoltre, non limitarsi alla sola Simulmondo, ma guardare il panorama complessivo e registare tutte le realtà presenti in quegli anni nel campo del videogioco italiano. Come si sarà intuito, la letteratura sull’argomento è del tutto inesistente; è stato necessario un lavoro di ricerca che ha avuto come base imprescindibile la rete e i tanti siti di appassionati e retrogamers che hanno intervistato i collaboratori di Simulmondo, creato schede informative dei giochi o ricordato con nostalgia di averli acquistati, cercando di ricostruire, seppur brevemente, le vicende della società. Da qui il lavoro di ricerca ha preso le mosse analizzando materiale d’epoca, come le riviste che hanno parlato di Simulmondo, ma soprattutto cercando di entrare in contatto con le personalità più rilevanti per la storia della software house la cui testimonianza è la fonte principale di questo lavoro.

Per questi motivi il saggio che state leggendo può essere visto come un tentativo di creare (per quanto in modo parziale) una letteratura sull’argomento, raccogliendo i vari interventi su Simulmondo, ad uso di chi, in futuro, vorrà approfondirne la ricostruzione storica. Non c’è dubbio che tale approccio nasconda dei limiti, rappresentatiinnanzitutto dall’utilizzo di testimoni diretti: ciò consente di dare una maggiore forza alla narrazione, che viene guidata dalla viva voce dei suoi protagonisti, ma si scontra con l’imperfezione della memoria umana, che non sempre consente ai testimoni di essere affidabili.

Per tali motivi, ho dovuto vagliare attentamente le informazioni che mi sono state date dagli intervistati, incrociando le loro dichiarazioni con i punti di vista degli altri testimoni e con le fonti disponibili; le affermazioni che non ho potuto verificare non sono state inserite all’interno della ricostruzione storica, ma sono comunque riportate nei testi delle interviste che si possono trovare in appendice. Un altro limite è dato ancora dalle fonti, poiché l’impostazione del lavoro risente fortemente di coloro che hanno lasciato le testimonianze più numerosee, pertanto, fanno risuonare maggiormente la loro voce all’interno del testo: figure come Francesco Carlà, che ha scritto moltissimo di videogiochi e ha rilasciato le interviste più importanti per ricostruire la storia della sua azienda, oppure Ivan Venturi, uno dei personaggi di punta del’organizzazione societaria fin dalla sua nascita, che ha lasciato un dettagliato blog in cui riporta i propri ricordi del periodo.

Le loro voci, testimonianze importanti dal punto i vista qualitativo e quantitativo, finiscono per essere le influenze più forti che possono trasparire dalle mie pagine; nonostante ciò, ho cercato di dare spazio (anche solo citandone i nomi) ai tanti ragazzi che hanno lavorato in azienda e il cui contributo è stato fondamentale per Simulmondo e per porre le basi stesse della produzione videoludica in Italia. Infine, un’ulteriore mancanza di questo lavoro, è data dal fatto di aver limitato gli incontri diretti con i collaboratori di Simulmondo a sole quattro interviste, che, seppure importanti, sono troppo poche per restituire una visione a tuttotondo della realtà esaminata.

Dalla ricostruzione emerge la storia di un visionario, Francesco Carlà, un giornalista dalle idee estremamente avanzate, che propugna l’idea del videogioco come forma d’arte, in un epoca in cui ciò era impensabile. La storia di Simulomondo è, altresì, la storia di un gruppo di pionieri, ragazzi appena maggiorenni capaci di fare cose incredibili con computer meno potenti di qualsiasi smartphone odierno, che sfruttano al massimo l’hardware a loro disposizione spesso ricorrendo all’utilizzo del linguaggio macchina, che richiede una conoscenza approfondita del funzionamento della macchina. Inoltre, si possono vedere dei paralleli tra la prima azienda di videogiochi italiani e la prima grande iniziativa commerciale legata al divertimento elettronico: Atari. Come l’azienda californiana, Simulmondo è guidata da un leader carismatico che ha una visione innovativa del mezzo elettronico e ne sa prevedere le evoluzioni; entrambe, poi, condividono l’attenzione al processo creativo, ritenendo la creazione di videogiochi un’attività artistica e permettendo ai collaboratori la più grande liberta di esprimere le proprie idee ed il proprio talento in un ambiente di lavoro informale.

A riprova di questo atteggiamento, lo stesso Carlà si paragona esplicitamente ai registi della Nouvelle Vague francese, poiché come loro è passato dalla carriera giornalistica alla produzione attiva. Inoltre, entrambe sono caratterizzate da strategie comunicative brillanti e spregiudicate e presentano cause simili alla base del loro declino: non si può negare, infatti, come uno slittamento della produzione dalla qualità alla quantità dei prodotti abbiamo determinato la fine delle due aziende, che ha preso la forma di un crollo drammatico nel caso di Atari e di uno spegnimento più graduale in quello di Simulmondo.

A tal proposito un’altra delle linee guida del mio lavoro è la dicotomia propria del videogioco, diviso tra prodotto artistico e prodotto per il mercato, dinamica che si evolve parallelamente alla storia di Simulmondo fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui è ancora visibile nello scontro tra produttori mainstream e produttori indipendenti.

Per concludere vorrei indicare quali siano gli elementi costitutivi del videogame, in modo da chiarire alcuni termini che saranno usati nel corso della trattazione. La classificazione qui proposta è quella individuata da Federico Zecca citando il game theorist game designer Geoff Howland5: un videogioco è composto dalla grafica,consistente nelle immagini mostrate durante il gioco e negli effetti grafici eseguiti su di esse; dal suono, cioè l’insieme degli effetti sonori o musicali utilizzati; dall’interfaccia, l’insieme degli strumenti che il giocatore ha a disposizione per interagire con il programma; il gameplay cioè “le dinamiche di gioco che emergono dall’interazione tra le regole e la geografia del gioco”6, dove per regole s’intende ciò che l’utente deve fare per ottenere una ricompensa e per geografia di gioco si intende il mondo di gioco, che consente determinate azioni e ne impedisce altre; infine, la storia, termine con cui si fa riferimento al background narrativo su cui si svolge il gioco e sulle informazioni narrative accumulate dal giocatore durante il gameplay.

Colgo l’occasione per ringraziare coloro i quali hanno dedicato infinita pazienza nel leggere e correggere il mio lavoro: il professor Guglielmo Pescatore e il dottor Mauro Salvador, cui si deve anche l’idea di trattare tale argomento. Un sentito ringraziamento anche ad Andrea Dresseno dell’Archivio Videoludico di Bologna per la sua disponibilità adaiutarmi nelle ricerche e nel contattare le personalità da intervistare, cui va la mia gratitudine per il tempo concessomi.

Il presente lavoro si divide in cinque capitoli, più un capitolo conclusivo. Nel primo capitolo viene affrontata una panoramica generale sulla storia del videogioco, in modo da collocare più facilmente le vicende di Simulmondo all’interno della situazione videoludica mondiale. Il secondo capitolo si occupa degli anni tra il 1985 ed il 1988, delineando la situazione del videogioco in Italia e il percorso personale delle figure che hanno fondato Simulmondo, fino ad arrivare ai primi giochi prodotti dalla società. Il terzo capitolo affronta il periodo tra il 1988 ed il 1992, caratterizzato dalla produzione di giochi sportivi, che crea titoli di grande successo come F1 Manager e altri di portata storica, come il primo simulatore calcistico in cui si guida un unico giocatore I play: 3D Soccer. Il quarto capitolo mostra la svolta produttiva di Simulmondo che passa dal produrre giochi sportivi a giochi basati sui fumetti italiani, che vengono distribuiti nelle edicole.

È il più grande successo per l’azienda di Carlà, ma il fenomeno si esaurisce presto, mentre molti dipendenti decidono di abbandonare l’azienda. Il quinto capitolo racconta gli ultimi anni della software house bolognese, che continua a proporre prodotti innovativi nonostante la situazione del mercato sia radicalmente cambiata. Infine, il capitolo conclusivo vuole tirare le fila del discorso, analizzando la situazione odierna del videogioco in Italia e dei produttori presenti nel nostro paese, per individuare continuità e differenze con la vicenda di Simulmondo.

[Francesco Cirica]

 


 Riferimenti

1 ALESSANDRO APREDA, Where in the world is Francesco Carlà? (Simulmondo, una storia), L'antro atomico del Dr. Manhattan, 14/01/2010, http://docmanhattan.blogspot.it/2010/01/where-in-world-is-francesco-carla.html.

2 Cfr. JEAN PAUL SIMON, “Un ecosistema in rapida evoluzione. Analisi economica dei videogiochi”, Economia della Cultura, Anno XXII, n.2, 2012.

3 Citato in SIMON EGENFELDT NIELSEN, JONAS HEIDE SMITH, SUSANA PAJARES TOSCA, Understanding Video

Games: The Essential Introduction, New York – London, Routledge, 2008.

4 MARCO PELLITTERI, MAURO SALVADOR, Conoscere i videogiochi. Introduzione alla storia e alle teorie del videoludico, Latina, Tunué, 2014.

5 GEOFF HOWLAND, Game Design: The Essence of Computer Games, in C++ Home, 1997 citato in FEDERICO ZECCA, Videogame Goes to the Movies. La traduzione cinematografica del videogioco in ELISA MANDELLI,

6 S. EGENFELDT NIELSEN, J. HEIDE SMITH, S. PAJARES TOSCA, op. cit., p. 102.

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