Con l’arrivo a Cupertino della tecnologia NeXT, inizia lo sviluppo di Rhapsody che vede nel giro di poco più di un anno il rilascio di due developer release: settembre del 1997 e maggio 1998. La confusione, però, la fa ancora da padrona, tant’è che inizialmente si punta a rendere la User Interface (UI) del nuovo OS quanto più simile possibile a quella del vecchio System x, così come racconta Cordell Ratzlaff (“Apple Human Interface group lead” dell’epoca)
“We assigned one designer to OS X.His job was pretty boring: make the new stuff look like the old stuff.”
Cordell Ratzlaff
Se da una parte Ratzlaff riceve delle indicazioni esplicite, dall’altra è ben conscio che dotare un sistema operativo moderno come NeXTStep di una UI datata come quella di System x è un vero “sacrilegio” e decide di creare, insieme al suo Team, delle versioni dimostrative (mockup) di possibili nuove user interface alternative.
Il Software Engineering VP, Bertrand Serle, resta particolarmente impressionato dal lavoro svolto, ma è convinto che i costi ed i tempi di sviluppo siano improponibili, per cui chiede a Ratzlaff di continuare sulla strada tracciata. Le cose però sono destinate a cambiare repentinamente quando, dopo una convention con tutte le figure coinvolte nello sviluppo del futuro OS X, Jobs (ancora in veste di consulente) da una sbirciatina al sistema e fa chiamare Ratzlaff nel proprio ufficio, dandogli letterlamente dell’idiota:
“You’re the guys who designed MacOS, right? Well, you’re a bunch of idiots.” [Siete i ragazzi che hanno progettato MacOS(X), giusto? Bene, siete un branco di idioti]
Il problema, oltre la UI datata, è una User Experience (UX) assolutamente disastrosa: basti pensare che erano previste 8 modalità diverse per aprire una cartella o una finestra (dropdown menu, pop-up menu, DragStrip, Launcher, Finder, ecc…). Dopo l’imbarazzo iniziale, e ancora con la paura di essere licenziati all’istante, Ratzlaff e il suo team intavolano una discussione con il futuro iCEO mostrandogli i propri mockup. Jobs chiede di creare un prototipo che consenta di interagire direttamente con essi, cosa che viene fatta prontamente in 3 settimane di lavoro ininterrotto (utilizzando Macromedia Director) e che porta il co-fondatore ad affermare che:
“This is the first evidence of three-digit intelligence at Apple I’ve seen yet” [Questa è la prima prova di intelligenza a tre cifre alla Apple che vedo"], per Jobs era degno di merito solo chi aveva un IQ superiore alla media (100), ndr.
Dopo quella demo, neanche a dirlo, lo sviluppo della UI e della UX cambia completamente, abbracciando le proposte del team guidato da Ratzlaff, sotto il rigido controllo settimanale di Jobs che chiede sempre prototipi multipli e continue modifiche: basti pensare che la ricerca del corretto stile delle scrollbar richiede ben 6 mesi! Infatti, l’iCEO crede fortemente che esse debbano essere diverse a seconda se la finestra è in foreground o in background:
“It was pretty hard to get them to fit with the rest of the design in all these different states. We kept at it until it was right. We worked on it for a long, long time.” [Razlaff]
[E’ stato piuttosto difficile farle adattare con il resto del design dovendo considerare tutti questi stati differenti. Abbiamo continuato a farlo fino ad ottenere il risultato giusto (chiaramente secondo Jobs, ndr). Abbiamo lavorato su questo aspetto per lungo, lungo tempo.]
Quando, infine, si passa dai prototipi al sistema reale (quindi da Director al codice), Jobs analizza il tutto minuziosamente, pixel per pixel, verificando che il risultato finale sia esattamente identico a quanto prototipato, e, con grande sollievo dei tecnici, è decisamente soddisfatto del risultato. Questo soprattutto grazie al fatto che la sua filosofia di “semplificazione” dell’interazione con il nuovo sistema operativo è ormai assimilata dal Team, dando alla luce anche la nuova “Dock”, pensata come un unico punto dove amministrare il sistema e di diretta derivazione NeXT.
The “Dock”
Anche le “finestre” finiscono nel mirino di Jobs: prima rispetto al loro numero, costringendo il Team a escogitare il modo di aprirne il meno possibile andando invece a “trasformare” e riutilizzare quella attiva, poi rispetto ai colori delle icone di close-minimize-zoom che devono rifarsi a quelli del semaforo per diventare auto esplicative.
Ma, nonostante la UI/UX sia il centro delle attenzioni dell’iCEO, la casa di Cupertino dedica molto lavoro anche sull’architettura base di Rhapsody, anche se in larga parte ereditata da NeXTStep. In particolare, Apple progetta il nuovo sistema guardando già ad un futuro utilizzo della piattaforma x86 di Intel, convinta che le architetture PowerPC siano ormai a fine del loro naturale ciclo di evoluzione. Vengono così realizzate due soluzioni parallele, sostanzialmente identiche, a meno della cosiddetta “blue box” presente solo sull’edizione PowerPC, poiché esplicitamente dedicata alla retro compatibilità applicativa con il “vecchio” System x.
Rhapsody è lo sguardo rivolto verso Intel
L’annuncio ufficiale del nuovo sistema operativo della Mela viene fatto al WWDC del 1998, da Steve Jobs in persona dopo che, dal 16 settembre del 1997, è tornato ufficialmente (anche se ad interim) alla guida della società. Per gli amanti dei numeri e delle coincidenze: il 16 settembre è, quindi, sia la data di addio di Jobs ad Apple (1985) che la data del ritorno.
Jobs ai tempi della nomina a CEO (1997)
L’obiettivo generale è chiaro: dimenticare la “vecchia” Apple e con essa il “vecchio” System/MacOS che diventa ufficialmente “MacOS Classic” con il rilascio ufficiale di MacOS X Server 1.0 il 16 marzo del 1999 (ancora il giorno 16!). Dualmente viene rilasciata la developer preview 0.1 dell’edizione desktop, codename Darwin, sotto licenza APSL (Apple Public Source License).
Darwin è praticamente una versione minimale di MacOS X senza l'interfaccia grafica, i programmi e le librerie proprietarie. Alla prima developer preview ne seguono altre tre, utilizzate anche durante il MacWorld Expo del 2000, dove, per comprovarne l’affidabilità, lo stesso Jobs dimostra come sia possibile terminare un’applicazione che si comporta in modo anomalo (BOMB nello specifico), lasciando il resto del sistema e le altre applicazioni perfettamente integre, a differenza di quanto accadeva con MacOS che costringeva al riavvio del sistema. (https://youtu.be/Ko4V3G4NqII)
Resta un ultimo, ma fondamentale, problema da affrontare: MacOS X non può solo essere il “miglior sistema operativo di sempre”, ma deve disporre di una serie importante di applicazioni di primo piano realizzate nativamente per esso in modo da catturare gli utenti, vecchi e nuovi. Il focus è sui tre principali produttori di software applicativo: Microsoft, con Office ed Internet Explorer, Adobe, con Photoshop e gli altri strumenti grafici, e Macromedia, con le soluzioni di authoring, Dreamweaver in primis.
Office v.X (2001)
Se l’accordo con lo storio ex-nemico, Bill Gates, viene raggiunto velocemente su un piano di collaborazione e investimento quinquennale, Adobe e Macromedia sono inizialmente molto dubbiose sul da farsi, accettando esclusivamente di garantire il funzionamento delle sole applicazioni citate tramite Carbon (e non riscriverle con Cocoa), ma non di tutte le applicazioni consumer offerte.
Durante lo sviluppo di MacOS X, Apple rilascia MacOS 8 (1997) e MacOS 9 (1999), odiati da Jobs, ma ritenuti indispensabili a coprire il tempo necessario al lancio della sua nuova creatura.
MacOS 9
Il 13 settembre del 2000 viene rilasciata la versione beta di MacOS X (acquistabile a 29.95$, importo che successivamente verrà scontato sul prezzo di acquisto della versione finale), decisamente limitata nelle funzionalità, mentre l’attesa della release definitiva termina il 24 Marzo del 2001 con la nascita del primo felino, MacOS X 10.0 “Cheetah”.
MacOS X Beta