Dopo 3 mesi di lavoro, nel 1972, Pong è pronto, ma la sua realizzazione richiede una circuiteria elettronica decisamente importante, il che lo posiziona fuori dall’ambito consumer. Così Atari è costretta a correggere il tiro, gestendo Pong come un coin-op e posizionandolo all’interno di bar e sale divertimento.
Con Pong arriva anche il nuovo logo della società, disegnato da George Opperman per richiamare, contemporaneamente, sia una “A” stilizzata sia due videogiocatori che si fronteggiano divisi dalla linea centrale del campo di gioco di Pong. Spesso il logo è anche chiamato “Fuji” Atari logo, ma la somiglianza con la montagna più alta del Giappone è puramente casuale. Il successo è straordinario, con circa 100,000 unità distribuite, e curiosi che cominciano a frequentare i bar esclusivamente per giocare al video game di Atari.
L’aneddoto vuole che il proprietario del bar Californiano Andy Capp's Tavern, dove venne installato il primo prototipo, abbia chiamato Atari, poco dopo l’installazione, lamentando che il gioco si era già guastato. Alcorn, una volta recatosi sul posto, scopre che il sistema non ha nessun problema ma che la vaschetta delle monetine è talmente satura di “quarters” (25 centesimi di dollaro) da non poterne accettare altre per avviare una nuova partita.
Pong in tutta la sua maestosità
Nonostante l’obiettivo di creare un sistema “domestico” non venga centrato, Pong diventa un fenomeno senza precedenti e garantisce cospicue risorse finanziare alla società. Proprio questa popolarità mette però in seria difficoltà l’azienda che non riesce a soddisfare l’alta domanda, dando così spazio a nuovi competitor che velocemente si adeguano e creano le proprie versioni del gioco. Ciò porta ad una battaglia di costi che mette in seria difficoltà l’azienda:
“The machine was selling for $995 and costing $1,100 to build. We were shipping a $100 bill out the door with every unit.” Bushnell, 1974 - Time
[La macchia veniva venduta a 995$ e ne costava 1.100$ per essere prodotta. Eravamo in perdita di 100$ per ogni unità venduta.]
Nel frattempo il mercato domestico ha sempre più “fame” di prodotti casalinghi, come dimostrato dall’ottima riuscita della Magnavox Odyssey. Inoltre, l’evoluzione dei componenti elettronici e la relativa diminuzione dei costi convincono Atari ad avviare la progettazione della versione domestica di PONG. Il team di Alcorn (che includeva Harold Lee e Bob Brow) completa il prodotto in tempo per il Natale del 1975, ma lo stesso non viene commercializzato direttamente dalla società di Bushnell bensì dalla catena di negozi Sears che lo presenta come Sears’ Tele-Game al costo di 99dollari.
Home Pong
Si tratta di un’operazione di marketing molto acuta, volta ad evidenziare che la console Atari è utilizzabile con qualsiasi tipo di televisore, a differenza proprio della Odyssey che aveva problemi di “posizionamento” dell’area di gioco su alcuni modelli di televisore, tanto che la Magnavox (forse per errore, o forse per volontà specifica) in alcune delle pubblicità enfatizzava la piena compatibilità con le TV marchiate Magnavox. Nel 1976 arriva il PONG marchiato Atari, basato sull’innovativo all-in-one-chip per la gestione del punteggio e degli effetti sonori, eliminando così i componenti discreti e contenendo ulteriormente il prezzo della console.
Atari Home PONG
Il grande successo di Atari porta, inevitabilmente, la società a riorganizzarsi, diventando precorritrice del “casual style of management” della Silicon Valley, ovvero dei manager in jeans e maglietta. Bushnell, addirittura, fa installare nella sede di Atari una vasca idromassaggio per far rilassare i tecnici in quella che definisce la “thinking area”. Questo approccio sarà comune anche alla “prima” Apple, e la cosa non deve sorprendere visto l’esperienza lavorativa diretta di Jobs in Atari per la realizzazione di Breakout.
A proposito di Atari, Wozniak dirà:
“Nolan started when there was nothing to suggest that television-based arcade games could amount to an entire industry”
[Nolan iniziò quando non c’era nulla che potesse far pensare che gli arcade games basati su televisore potessero dar vita ad un intero settore]
Nel frattempo Home Pong entra nelle case di oltre 150.000 famiglie americane, fatturando qualcosa come 40milioni di dollari annui, anche se le revenue non sono sufficienti per effettuare i necessari investimenti sullo sviluppo di nuovi prodotti. Così Bushnell comincia a cercare finanziatori pubblici che possano supportare i nuovi progetti e tenta di nuovo la strada Disney, ma, mentre le difficili trattative sono in corso, trova in Warner Communication l’opportunità giusta, cedendo il controllo della società per circa 32miliondi di dollari (28 dei quali vanno direttamente a Bushnell) e rimanendone comunque presidente fino al 1978, anno in cui viene licenziato in seguito ad un durissimo scontro con Manny Gerard, co-CEO di Warner Comm.