Cap.1.5: Space Invaders: il Giappone alla conquista del mercato

La crisi termina nel 1978 grazie a Space Invaders, prodotto dalla giapponese Taito.

space invaders 1978Space Invaders

Il gioco approda negli Stati Uniti forte di uno strepitoso successo in patria, dove è stato introdotto l’anno precedente: per darne un’idea, basti pensare che l’elevatissimo numero di giocatori abbia provocato una penuria delle monete da 100 yen necessarie al suo funzionamento, al punto che la zecca nipponica è costretta a triplicarne la produzione. In America ogni macchinetta guadagna tra i 300 e i 400 dollari la settimana, ponendo definitivamente fine alla crisi del videogioco e dando il via alla cosiddetta “età dell’oro delle sale arcade”.

"Il fatto che la rinascita del mercato videoludico statunitense passi principalmente per un titolo di importazioneevidenzia le ragioni puramente creative alla base dello stallo precedente.14"

Il successo di Space Invaders, infatti, è dovuto alla sua natura fortemente innovativa: in termini di gameplay, il gioco consiste nel respingere un’invasione aliena, colpendo con il laser sparato da una torretta mobile i nemici che calano dall’alto in formazione rettangolare.

Un disco volante attraversa lo schermo ad intervalli regolari, garantendo punti bonus se colpito. Una formula innovativa, dunque, per un pubblico abituato quasi esclusivamente a giochi sportivi. Inoltre, Space Invaders introduce una colonna sonora il cui ritmo aumenta all’aumentare della velocità del gioco. Infine, è il primo videogioco ad introdurre una narrazione, sebbene a livello piuttosto embrionale, mettendo inscena un’invasione aliena e un protagonista (il giocatore) incaricato di fermarla.

Space Invaders è seguito a ruota da una serie di giochi che contribuiscono a creare il successo delle sale giochi: tra questi bisogna segnalare Space Wars, primo gioco ad utilizzare una grafica vettoriale invece che raster-scan; se quest’ultima disegna figure colorando e ricolorando continuamente le righe dello schermo, la prima utilizza linee che vanno da un punto A ad un punto B. Con la grafica vettoriale è impossibile rendere i particolari, ma è molto più facile disegnare oggetti ben definiti.

Nel 1979 un altro gioco consacra definitivamente i videogiochi come prodotti di massa. Il designer Toru Iwatani viene incaricato dal produttore giapponese Namco di creare un gioco con lo specifico intento di conquistareanche il pubblico femminile, fino ad allora refrattario alle sale giochi.

Con queste direttive, Iwatani decide di evitare le sparatorie che caratterizzavano gli altri giochi, concentrandosi sull’idea di “mangiare”: nasce Pac-man.

toru iwataniToru Iwatani

Il gioco è innovativo non solo per la sua concezione non violenta, ma anche per l'ambientazione: Pac-man non è la simulazione di un evento reale, ma si svolge in ununiverso astratto, non prevede l’uccisione dei nemici ma l'esplorazione di labirinti. Inoltre:

"Pac-man non fu il primo videogioco a guadagnarsi una fama immensa – Pong, Asteroids e Space Invaders avevano colpito anch’essi il bersaglio grosso – ma in quei giochi non c'erano personaggi. Pac-man aveva una personalità.15"

Certo, Pac-man non può essere considerato un vero e proprio personaggio, poiché non ha alcuna psicologia, piuttosto questa palla gialla dalle enormi fauci può essere definita un’icona, la prima figura simpatica e facilmente riconoscibile che i videogiocatori si trovano davanti. Non solo, a lui si oppongono degli antagonisti, anch’essi dotati di una loro personalità: hanno la forma di buffi fantasmi dai colori pastello (un'altra strategia per arrivare al pubblico femminile) e un nome proprio che ne descrive la personalità e il conseguente schema di comportamento nel corso della partita (tradotti suonano come: Inseguimento, Imboscata, Capriccioso e Lento). I personaggi del gioco riescono a ritagliarsi uno spazio nel cuore del pubblico, come dimostra il successo dei prodotti ancillari legati al brand, dal merchandising ai cartoni animati che li vedono protagonisti.

Nel 1980, l’americana Williams, leader nel mercato dei flipper, si lancia in quello dell’intrattenimento elettronico con Defender, sviluppato da Eugene Jarvis. Il gioco risulta innovativo perché introduce un sistema di scrolling laterale: il mondo di gioco non è più limitato ai bordi dello schermo, ma scorre quando il giocatore vi si avvicina, rendendo possibile un movimento continuo tra diverse schermate. Nello stesso anno un gruppo di fuoriusciti di Atari fonda Activision, il primo sviluppatore di terze parti, cioè una società che produce software per macchine create da altri, determinando l’assetto su cui si fonda attualmente il mercato dei videogiochi.

Ma una novità ancora più grande è alle porte e arriva, ancora una volta, dal Giappone. La Nintendo, storico produttore nipponico di carte da gioco, si è da poco affacciata al mercato dei giochi elettronici e decide di espandersi sul suolo americano: per farlo ha bisogno di un valido prodotto, che viene commissionato al designer Shigeru Miyamoto. Fino a quel momento i programmatori si occupavano anche del game design, che risultava essere, per forzadi cose, molto semplice. 

Al contrario, Miyamoto non sa programmare, ma è pieno di idee innovative: egli attinge alla cultura popolare giapponese finendo per creare un vero e proprio cartone animato interattivo. Il gioco si intitola Donkey Kong e introduce personaggi veri e propri all’interno di un contesto fortemente narrativo: un gorilla, stufo di essere prigioniero, fugge, rapisce la fidanzata del suo padrone e la porta in cima ad un grattacielo.

donkey kongDonkey Kong Original Edition

L’uomo, un carpentiere baffuto, si lancia al salvataggio.

"Molti dei titoli da sala giochi dei primi anni ‘80 non solo erano sprovvisti di storia, ma non avevano nemmenosequenze di intermezzo. Quando si inseriva un quarto di dollaro (o 100 yen) dentro il cabinato di Space Invaders, non veniva mostrata un'animazione con l'astronave pronta ad entrare in battaglia o gli alieni in partenza dal loro pianeta; premendo il pulsante Start si finiva istantaneamente catapultati nell'azione, senza alcuna introduzione.16"

Al contrario, Donkey Kong ha una sequenza introduttiva (il gorilla porta la ragazza sul grattacielo), delle sequenze di intermezzo (il precario ricongiungimento degli innamorati, interrotto di nuovo dall’arrivo dello scimmione) e una conclusione che viene a costituirsi come una ricompensa dell’abilità del giocatore.

Il lavoro di Miyamoto non finisce qui: il design dei personaggi tiene conto delle limitazioni tecniche per creare animazioni fluide e realistiche; il protagonista Mario ha grandi baffi per evitare di dover animare una bocca, un cappello per non dover riprodurre l’ondeggiare dei capelli e grandi guanti per rendere chiara la direzione in cui si muove. Nonostante il suo aspetto da cartoon, questi accorgimenti fan sì che Mario si animi in maniera molto più realistica di quanto avveniva nei giochi precedenti. Infine, il gioco è innovativo anche dal punto di vista del gameplay, dando vita al genere platform, in cui il giocatore si arrampica su scale e piattaforme schivando una serie di ostacoli.

 


Riferimenti

14 M. PELLITTERI, M. SALVADOR, Op. cit., p. 35.

15 J. C. HERZ, Op. cit., p. 135.

16 CHRIS KOHLER, Power up. Come i videogiochi giapponesi hanno dato al mondo una vita extra, Terni, Multiplayer.it edizioni, 2009, p. 41.

 

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