Cap.3.1: Simulmondo: organizzazione e composizione dell’azienda alla fine degli anni 80

Simulmondo, in questi suoi primi anni di vita, regola la propria attività attraverso un’organizzazione decentrata: infatti, nella sede centrale di Bologna vengono definiti i progetti, che poi saranno sviluppati dai collaboratori che lavorano singolarmente o in piccoli gruppi organizzati sulla base della provenienza regionale, come, ad esempio, i fratelli Giuseppe, Andrea e Marco Alleva che offrono il proprio contributo da Milano, la città in cui vivono. Una volta terminata la fase di sviluppo, il gioco viene inviato nuovamente a Bologna per le attività di post-produzione.

La città emiliana risulta dunque importante per il successo dell’azienda, soprattutto per la sua collocazione geografica: la sua posizione strategica, infatti, che la rende snodo delle principali vie di comunicazione che attraversano la penisola, permette una movimentazione del materiale in modo comodo e veloce da ogni parte d’Italia; non bisogna dimenticare, infatti, come igiochi in lavorazione compissero questo tragitto sotto forma di copie fisiche, non esistendo Internet o altri mezzi di comunicazione digitale. Come da contratto, i ragazzi ricevono per il loro lavoro il 15% del margine lordo di ogni videogame venduto.

Il capitale per far partire l’azienda viene fornito dai soci, Carlà e Arioti: il primo detiene una quota di maggioranza di Simulmondo e finanzia l’azienda grazie a ciò che guadagna come giornalista; per fare un esempio, la collaborazione con la rivista Rockstar frutta al fondatore di Simulmondo 500.000 lire al mese, una cifra di tutto rispettose si pensa che Carlà paga, ogni mese, 60.000 lire per l’affitto del proprio appartamento. 

Allo stipendio di Rockstar vanno poi aggiunti quelli delle numerose collaborazioni del giornalista con altre riviste, così da raggiungere un discreto tesoretto. Il costo di produzione di un gioco Simulmondo (comprensivo di costi di sviluppo, duplicazione, packaging, distribuzione e pubblicità) si aggira attorno ai 40 milioni di lire, equivalenti a circa 100.000 euro di oggi.

Tuttavia, anche l’azienda bolognese gode delle caratteristiche comuni alle altre aziende culturali: infatti, se il costo di produzione della prima copia è decisamente elevato, per via delle maestranze tecnico-creative impiegate nella realizzazione, il costo per produrre copie aggiuntive è irrisorio; ciò significa che, una volta venduto un numero di copie sufficiente a ripagare i costi di produzione, ogni copia venduta in più rappresenta un guadagno netto per l’azienda.

Il prezzo di un gioco per il consumatore è fisso, stabilito dal mercato in base alla piattaforma cui è destinato (dunque, il prezzo non è determinato dai costi di produzione): un gioco per Amiga o PC costa 39.000 lire, sebbene la differenza qualitativa tra le due piattaforme sia nettamente a favore della prima; un gioco per Commodore 64 costa 22.500 lire su cassetta e 25.000 su floppy disk.

Il C64 è decisamente l’hardware più diffuso in questi primi anni, perciò le tirature dei suoi giochi raggiungono le 100.000-150.000 copie, rendendo necessario rivolgersi ad un’azienda di duplicazione esterna. Al contrario, le altre piattaforme non sono ancora molto diffuse in Italia e perciò Simulmondo produce internamente le copie ad esse destinate.

A questo punto ritengo sia doveroso fare un paio di considerazioni di carattere sociale, alla luce della composizione dei dipendenti di Simulmondo in questa sua prima fase: la prima di queste si concentra sull’aspetto generazionale, mentre la seconda si occupa di una questione di genere.

Innanzitutto si è notato come i collaboratori della software house rientrino nella fascia d’età compresa, grosso modo, tra i 20 e i 14 anni; inoltre, bisogna osservare come siano proprio questi ragazzi a svolgere il lavoro pratico, lavorando in prima persona ai prodotti, mentre le figure con più anni sulle spalle si occupano della gestionedell’azienda (vedi Carlà e Arioti che hanno circa trent’anni).

Ciò testimonia la netta cesura generazionale che caratterizza il mondo dell’informatica in generale, e del videogioco in particolare, nell’Italia del periodo: tutti i ragazzi che lavorano ai videogiochi Simulmondo hanno imparato il mestiere da autodidatti e fanno qualcosa che i loro genitori non sono in grado di capire, essendo completamente digiuni di cultura informatica, come sottolineato anche dal già citato articolo de L’Espresso. Saper maneggiare un computer non è certo un’abilità comune e chi ne è capace viene visto come un pioniere della tastiera:

"In quegli anni, chi sapeva usare un computer era trattato come un genio. Se poi era giovane, era doppiamente trattato da genio. E come genio abituava a sentirsi.75"

Ciò provoca in molti ragazzi quella che Venturi definisce “sindorme dell’One Million Dollar Nerd”, cioè laconvinzione di molti ragazzi di poter guadagnare in modo assolutamente semplice cifre astronomiche con i videogiochi. Un’idea sostenuta dalle notizie provenienti dall’America, dove molti giovanissimi riescono a diventare milionari proprio con i giochi elettronici, tra questi basta ricordare Ray Tobey, divenuto milionario a 19 anni per aver creato SkyFox (EA, 1984) un simulatore di volo che diviene, all’epoca, il titolo più venduto tra quelli prodotti dalla Electronic Arts.76 

skyfox 1984SkyFox (1984)

Spinti da questo clima molti ragazzi si presentano negli uffici di Simulmondo pretendendo compensi stratosferici, percentuali assurde o addirittura quote della società, finendo per essere gentilmente messi alla porta. Guadagnare quelle cifre non è possibile in Italia, vista la ristrettezza del mercato interno e le scarse possibilità produttive, tuttavia il fenomeno è sintomatico del clima e delle aspettative che l’opinione pubblica aveva nei confronti di chi sapeva lavorare con i videogiochi.

La seconda considerazione riguarda la componente di genere all’interno dell’azienda bolognese: infatti, come si può notare osservando i nomi dei collaboratori, non c’è nemmeno una ragazza; tutti i dipendenti di Simulmondo sono uomini. Si tratta di un problema presente storicamente nell’ambito socio-culturale del videogioco, un mondo che, non solo in Italia, è stato storicamente chiuso alla partecipazione femminile.

Già negli anni Settanta i produttori di videogiochi hanno dovuto intraprendere specifiche strategie per rendere i propri prodotti appetibili ad un pubblico femminile; da una di queste, come si è detto, ha avuto origine un successo globale come Pac-Man.

Ancora oggi in Italia la percentuale di giocatori maschi sul totale della popolazione maschile risulta nettamente maggiore rispetto a quella delle donne, con una percentuale del 69% contro il 43% del campione femminile.77 Per quanto riguarda l’aspetto produttivo, che è quello che ci interessa in questa sede, le figure femminili sono un’esigua minoranza tra chi crea videogiochi, seppur con importanti eccezioni quali Roberta Williams autrice di Mistery House (On-Line Systems, 1980), il primo videogame adventure ad utilizzare un’interfaccia grafica, genere cui continua a dare un importante contributo negli anni successivi con i titoli sviluppati assieme al marito Ken nella software house da loro fondata:Sierra On-line. 

mistery house 1980Mistery House (1980)

Tra le personalità femminili legate ai giochi elettronici bisogna ricordare anche Muriel Tramis, originaria della Martinica e autrice di Méwilo, gioco che ricostruisce il mondo dei Caraibi francesi di inizio novecento e permette al giocatore di esplorarlo, divenendo uno dei primi videogiochi in assoluto a ricevere un premio per il suo valore artistico. In ogni caso, la scarsa presenza femminile nella creazione di videogiochi ha innestato un circolo vizioso che ha permesso una rappresentazione spesso stereotipata dei personaggi femminili nei videogames, sempre rappresentati come damigelle in pericolo o oggetti del desiderio maschile.

Come nota Herz,78 anche quando il linguaggio del medium si è evoluto, proponendo figure femminili che possano rivaleggiare con i personaggi maschili, le ragazze si sono perlopiù tenute lontane dai videogiochi, avvertendo che queipersonaggi erano comunque creati da un uomo, non concedendo appieno voce al genere femminile nei videogame.

Tuttavia, oggi la situazione sembra avviarsi verso un maggiore equilibrio di genere, seppur molto lentamente: infatti, al 2015 in Italia la percentuale delle giocatrici sul totale dei videogiocatori ha raggiunto il 49%, guadagnando 4 punti perentuali in 4 anni.79 Mentre dal punto di vista della produzione sono sempre di più le donne che riescono a salire alla ribalta come Robin Hunicke, game designer e produttrice del rivoluzionario Journey (Thatgamecompany, 2012), o Rhianna Pratchet creatrice del mondo alla base di Mirror’s Edge (DICE/EA, 2008).

journey.jpgJourney (Thatgamecompany, 2012)

Tornando alla storia di Simulmondo, l’inizio del 1989 vede l’azienda di Carlà come il solo produttore di videogiochi italiano, davanti al quale si apre un mercato che conta un giro di affari di circa 20 miliardi di lire. Ovviamente la software house bolognese deve lottare con lo strapotere dei titoli americani, che costituiscono il 90% del totale dei giochi venduti, e con l’onnipresente fenomeno della pirateria, come abbiamo detto, molto importante nel mercato videoludico italiano dell’epoca non solo per il giro di affari che raggiunge, ma anche per la sua capacità di fornire ai giocatori del nostro paese titoli cui non sarebbero riusciti a giocare altrimenti, non esistendo una distribuzione efficace, che si occupasse di importare i giochi più interessanti dal resto del mondo:

"L’Italia è stata (e un po’ è ancora) una specie di terzo mondo per l’industria dei videogiochi. Per paragonarla al mercato editoriale, dove c’è lo scrittore, l’editore e il libraio, in Italia per un bel po’ di tempo ci sono stati solo lo scrittore e il libraio. Cioè colui che scriveva il videogioco e colui che lo vendeva. Mancava colui che lo produceva. Questo ha fatto sì che da noi l’industria si è sviluppata con tempi del tutto anomali, molto lentamente.80"

Al contrario, in quegli stessi anni il resto del panorama videoludico europeo vede il mercato continentaleconsolidarsi e maturare, grazie alla presenza dei primi grandi publisher, i produttori, realtà capaci di mediare tra chiproduce i giochi e il mercato, come l’inglese Ocean Software e le francesi Infogrames e Ubisoft, che cominciano ad inglobare le piccole aziende di produzione e a puntare al mercato globale.

Per quanto riguarda l’azienda bolognese, in quello stesso 1989 prendono il via le collaborazioni stabilite durante il Simulmondo Party: tra queste c’è Ivan Venturi, che comincia a lavorare come collaboratore interno all’azienda il 1 febbraio di quell’anno. Il giovane programmatore condivide i locali di viale Berti Pichat con Carlà, direttore dell’azienda, Riccardo Arioti, direttore amministrativo, e Federico Croci che svolge le funzioni di segreteria.

Venturi ha a disposizione un ufficio tutto per sé, in cui possiede ben tre piattaforme di lavoro, costituite interamente da C64, l’home computer su cui è specializzato, così da poter programmare, compilare e testare i programmi contemporaneamente. L’ambiente di lavoro è assolutamente informale, assecondando quella attenzione alla creatività che abbiamo visto trasparire dalla firma dei contratti: i ragazzi personalizzano i propri uffici, riempiendo le pareti di poster e frasi di canzoni; inoltre gli orari di lavoro sono assolutamente elastici, tanto che Venturi possiede un sacco a pelo in ufficio, che utilizza per brevi periodi di riposo, passando spesso le nottate nei locali di Simulmondo al lavoro sui suoi progetti.

Chi lavora nell’azienda va e viene, passando giornate e nottate intere al lavoro; a volte Venturi invita gli amici in ufficio per testare i giochi cui sta lavorando. Questa organizzazione del lavoro trae la sua giustificazione in parte dall’attenzione ai singoli programmatori, lasciati liberi di esprimersi come credono, in parte dallo stereotipo del lavoro del creatore di videogiochi, caratterizzato nella mentalità comune da disordine e creatività.

Un’idea che ricorda molto da vicino il lavoro alla Atari nei primi anni della sua fondazione, durante la gestione di Nolan Bushnell: questi gestisce il lavoro dei suoi dipendenti secondo il celebre motto “work smart, not hard”, assecondando i tempi di ciascuno perché lavori secondo la propria creatività. L’azienda californiana, inoltre, è solita organizzare feste e fine settimana in cui i creativi si riuniscono in una località di mare per fare brainstorming.

Ciò non va a scapito della produttività, in quanto i dipendenti lavoravano duramente, passando notti intere in azienda a sviluppare progetti che sentono davvero propri.

Allo stesso modo, Simulmondo lascia ai propri collaboratori la libertà di organizzarsi come meglio credono: Ivan Venturi lavora con ritmi altissimi, dormendo e mangiando il minimo indispensabile.

Una gestione del lavoro scomoda e logorante, che lui stesso imputa al fatto di aver imparato la programmazione da autodidatta, motivo per cui il giovane tende a prendere la strada che ha imparato da solo, anche se poco efficace e molto dispendiosa. L’organizzazione del lavoro è alla base di diverse discussioni proprio con Carlà, che cerca di proporgli soluzioni più ragionevoli e consigli per organizzare il proprio lavoro, cui il giovane (e testardo) programmatore spesso non dà retta.

 


Riferimenti

73 I. VENTURI, Op. Cit., 2015.

74 Anche se non fu mai completato, Rimini, mare azzurro fu annunciato più volte da Carlà: ad esempio in “Playworld” dell’aprile 1988 se ne mostrano alcune schermate e si dice che il gioco sarà “il software con il bacio interattivo più lungo della storia.” Cfr. F. CARLÀ, “Playworld”, MC Microcomputer, n. 73, aprile 1988, p. 116.

75 I. VENTURI, Vita di videogiochi: One-Million-Dollar Nerd, 31/03/ 2009, cit.

76 Cfr. KEITH FERRELL, “The Commodore Games That Live On And On”, Compute's Gazette, Dicembre 1987,

pp. 18–22, reperibile su www.archive.org, https://archive.org/stream/1987-12- computegazette/Compute_Gazette_Issue_54_1987_Dec#page/n17/mode/2up. 77 Cfr. M. PELLITTERI, M. SALVADOR, Op. cit., p. 78.

78 Cfr. J.C. HERZ, Op. cit.

79 Vedi Il mercato dei videogiochi in Italia. 2014-2015, Milano, AESVI, 2015.

80 I. VENTURI, Ivi.

Free Joomla templates by Ltheme