Cap.3: Il periodo dei videogiochi sportivi, 1989-1992. Il Simulmondo Party

L’incontro tra le idee di Carlà e quelle di Venturi, unite all’esperienza del primo e alla competenza tecnica del secondo, porta alla nascita della prima azienda di videogiochi italiana.

Attorno all’originario nucleo bolognese cominciano ben presto a riunirsi tutti coloro che in Italia hanno le capacità per programmare videogiochi e pensano di poterle trasformare in un’occasione professionale; è così che Simulmondo comincia a crescere e a svilupparsi, dandosi una prima organizzazione aziendale e cominciando a sfornare i primi titoli.

Questa prima fase rimane fedele alle teorie del suo fondatore, che vedono i videogiochi e le tecnologie digitali in genere come una simulazione della realtà; perciò la maggioranza dei titoli prodotti in questi anni risulta composta principalmente da simulatori di attività reali e, nello specifico, di quelle attività più divertenti e più facili da riproporre in digitale: quelle sportive.

simulmondo 1989Simulmondo nel 1988, a sinistra in piedi Riccardo Arioti, a destra Francesco Carlà (https://genesistemple.com/it/la-storia-di-simulmondo-la-prima-software-house-italiana-parte-1)

Per fare ciò, Simulmondo si rende autonoma dalla società di videoproduzione ItalVideo, cui era affidata la distribuzione dei primi titoli, e diviene un’impresa indipendente costituendo una società a responsabilità limitata.

A questo punto la società è composta da Francesco Carlà, che assume il ruolo di presidente, Riccardo Arioti, figlio del proprietario di ItalVideo e socio del giornalista, che diviene vicepresidente e si occupa degli aspetti amministrativi, infine vi sono il programmatore e responsabile dei progetti per C64 Ivan Venturi e Federico Croci, che si occupa della segreteria. I restanti collaboratori sono vari programmatori in contatto con Carlà da altre zone dell’Italia. La società stabilisce la sua sede a Bologna, in viale Berti Pichat 26. I locali sono costituiti da un open space e tre uffici, più una terrazza che si affaccia sul cortile interno del palazzo; il tutto è arredato con materiale di recupero, come vecchi banchi di scuola, per ottimizzare i costi.

Carlà e Arioti hanno tra le mani i primi giochi, pronti per essere commercializzati nelperiodo natalizio del 1988, dopo le 3000 copie vendute da Bocce nel 1987: si tratta dei giochi sviluppati da Ivan Venturi per C64Simulgolf e la versione riveduta e corretta di Bocce, ribattezzata Bowls, nonché Italy '90 Soccer per Amiga, il gioco calcistico frutto delle fatiche dei fratelli Dardari.

 Nello stesso tempo l’annuncio pubblicato da Carlà su MC Microcomputer dà i suoi frutti, mettendo in contatto il suo autore con tutta una serie di figure che hanno la voglia e le capacità per far parte dell’impresa; trattandosi dell’unica realtà produttiva nel settore videogiochi in Italia, Simulmondo risulta essere un’attrattiva irresistibile per questo genere di profili professionali.

annuncio mcmicrocomputer marzo 88.jpgAnnuncio su MC Microcomputer di Marzo 1988 sulla nascita di Simulmondo (https://genesistemple.com/it/la-storia-di-simulmondo-la-prima-software-house-italiana-parte-1)

Per dirla con Venturi: “Simulmondo si è trovata nella fortunata situazione che chiunque voleva fare videogiochi in Italia scriveva a noi.”67 

Il problema è riuscire a mettere assieme le varie personalità, spesso provenienti da zone diverse della penisola, anche distanti tra loro; la soluzione viene trovata in una grande riunione che vuole fare il punto sulla situazione di Simulmondo, mettendo faccia a faccia tutti i suoi collaboratori.

Per fare ciò, Carlà organizza una festa nei locali dell’azienda nell’autunno del 1988, cui partecipano tutti i collaboratori sparsi per l’Italia; oltre a mettere in contatto le varie persone che lavorano per Simulmondo o stanno cominciando a farlo, la serata ha lo scopo di stabilire la strategia produttiva per gli anni a venire, mettendo sotto contratto le diverse personalità e definendo i progetti di cui ciascuno sarà incaricato.

Tra coloro che partecipano all’iniziativa vi sono i precedenti collaboratori di Simulmondo come Venturi, Croci e i fratelli Dardari, accanto a volti nuovi come Riccardo Cangini, Mario Bruscella, Gaetano Dalboni, Stefano Balzani, Natale Fietta e i fratelli Alleva. Ciascuno di loro, nel corso della serata, firma un contratto di collaborazione con la società, in cui si descrivono i progetti in cui saranno coinvolti.

"I collaboratori erano di tutti i tipi: dal ragazzino gasato [...] all’impiegato in giacca e cravatta con l’hobby della programmazione, al new dandy piemontese abilissimo programmatore PC (che ancora era assolutamente malvisto, in quanto piccolissima nicchia nel panorama videoludico. Una scheda grafica (CGA) con soli 4 colori, un look decisamente „serioso’), al borghese medio con lo sguardo un po’ pazzo, all’ingegnere appassionato di sport e di simulazione.68"

Tutti questi soggetti provengono da diverse parti del Paese: oltre al gruppo bolognese che ha tra i suoi esponenti Venturi e Croci e quello composto dai fratelli Dardari, romagnoli, vi sono persone provenienti da Roma e Latina, dal Veneto e da Milano (i fratelli Alleva) mentre un altro gruppo proviene dalla Versilia.

Nonostante tutte queste differenze, costoro condividono alcune caratteristiche, a cominciare dall’età media che si aggira attorno ai 18 anni: le figure apicali sono le più mature, Arioti ha 28 anni, mentre Carlà ne ha 27, invece i restanti collaboratori sono di gran lunga più giovani andando dai 19 anni di Ivan Venturi fino ai 14 di Francesco Dardari (gli altri due fratelli,Davide e Marco, hanno rispettivamente 21 e 16 anni).

Oltre all’età, i dipendenti della neonata software house condividono un simile sostrato sociale e culturale, provenendo dalla piccola e media borghesia e condividendo la stessa passione per la musica rock. Inoltre, risulta essere simile anche il loro percorso di studi, con una presenza quasi assoluta di profili provenienti da una formazione di tipo scientifico e tecnico, sviluppata grazie alla frequentazione del Liceo Scientifico o di diversi Istituti Tecnici, mentre risultano in netta minoranza i collaboratori provenienti da un percorso artistico o grafico, tra i quali Ivan Venturi che è diplomato ad un Liceo Artistico; ciò è imputabile principalmente ad una motivazione di carattere tecnico, in quantoall’epoca un programmatore può realizzare un gioco da solo, mentre un grafico non ha questa possibilità.

Nel corso della serata, Carlà riunisce tutte queste differenti personalità e tiene loro un discorso raccontando la storia di Simulmondo fino a quel momento, illustrando l’idea che sta dietro all’azienda nonché le sue strategie per il futuro: il cardine del discorso è l’attenzione della società per il prodotto e per la sua presentazione, cui è sottesa una strategia di marketing volta a far riconoscere la software house bolognese come rappresentante della tradizione del design italiano, volta a portare i valori caratteristici del made in Italy nel mondo dei videogiochi; intento che si può ben notare nelle parole rilasciate dallo stesso Carlà al settimanale L’Espresso,69 cui dichiara di aver creato Simulmondo perché

“stufi dei soliti giochi americani, storie di guerra, viaggi nell’iperspazio o nel fantastico. Volevamo fare un prodotto in cui trasporre finalmente la creatività italiana.70" 

Funzionali a questo scopo sono le confezioni dei giochi che vengono mostrate durante la serata, su cui campeggia il logo di Simulmondo (un pianeta con due satelliti che vi orbitano attorno come elettroni su un atomo) non a caso opera del designer di fama internazionale Massimo Iosa Ghini, conosciuto da Carlà nella redazione di Obladì Obladà, programma per cui entrambi hanno lavorato.

La firma dei contratti, inoltre, dice molto sulle modalità con cui viene organizzata la produzione, poiché il fatto che gli accordi vengano presi con i singoli collaboratori mette in luce un’idea per cui lo sviluppo dei giochi viene affidato ad una singola persona o ad un piccolo team, cui viene lasciata completa libertà d’azione. Come afferma Carlà:

"[Su Playworld] ricevevo oltre 60 lettere al mese da tutta Italia. Erano ragazzi, anche tredici – quattordicenni, che a casa progettavano giochi spaziali o “fantasy”. Le idee erano ingenue, ma la voglia di fare notevole. Ho pensato di canalizzare in una formula produttiva questo potenziale espressivo.71"

Ci troviamo dunque in un’organizzazione che vede nella creazione di un videogioco un’attività di tipo totalmente autoriale, lasciando il lavoratore libero di esprimere la propria competenza, capacità e anche fantasia, vista la materia trattata.

Un criterio che viene riconosciuto anche dagli stessi collaboratori, le cui idee traspaiono nel già citato articolo de L’Espresso, in cui rilasciano dichiarazioni quali “non vorrei finire come un tecnico anonimo, neanche alla IBM” e “lavoriamo quando siamo ispirati” che fanno ben capire come i programmatori si sentissero considerati a tutti gli effetti degli “autori”, personalità cui è concessa libertà creativa pressoché assoluta su un opera che sentono veramente propria; come afferma lo stesso Carlà, essi “si sentono comproprietari del prodotto”.72 

Questo approccio alla produzione videoludica non è isolato, ma condiviso da molte realtà illustri: tra queste bisogna ricordare l’americana Electronic Arts, ancora oggi una delle major dell’industria di videogiochi, caratterizzata fin dai suoi primi anni di vita per l’attenzione al packaging e alla presentazione dei prodotti e per il rapporto con i propri dipendenti, trattati come artisti e, perciò, considerati i veri responsabili dei giochi creati; un approccio evidente fin dal nome che mette in chiaro l’intenzione dell’azienda di contribuire allo sviluppo di quelle che considera “arti elettroniche”.

Per questi motivi il cosiddetto “Simulmondo Party” può essere considerato l’evento che sancisce ufficialmentela nascita dell’azienda omonima , in cui per la prima volta vengono definiti assetti produttivi e strategie organizzative.

La serata porta frutti, sotto forma di nuovi progetti per la software house bolognese, che vuole fare il salto di qualità mettendo in cantiere idee ambiziose, veri e propri serious games che dovrebbero permettere il passaggio dalle semplici simulazioni sportive a giochi più sofisticati come gli adventure; tra i titoli in programma vi sono, ad esempio, Rimini, mare azurro un adventure con trama da giallo ambientato sulla riviera romagnola, Mussolini Age, un gioco di aviazione, in cui si sarebbero potuti pilotare apparecchi degli anni ‘30, e infine il fantascientifico Italian Night 1999, ambientato in una futuribile Italia di fine millennio caratterizzata dalla mescolanza di lingue e culture.

Questi titoli recano evidente l’impronta di Carlà, delle sue teorie sul videogioco e delle sue idee su come rinnovarlo, ma siscontrano inevitabilmente con le limitazioni tecniche dell’epoca, che non consentono di svilupparle in maniera adeguata ai desideri del loro ideatore:

"Erano progetti interessanti, erano serious games, praticamente interactive novel. Ma non si potevano fare.Erano comunque idee innovative, nel senso che molte cose a cui adesso siamo abituati Francesco le aveva già in mente nei primi anni ‘80, ma non avevano senso per una questione tecnica.73"

Per questi motivi, dei circa quindici progetti messi su carta nel corso del “Simulmondo Party”, la maggior parte non vede mai la luce, arenandosi prima di raggiungere una forma definitiva. Tra i giochi sopravvissuti a questa dura selezione c’è proprio Italian Night, l’unico titolo74 ad arrivare nelle case dei giocatori, seppur diversi anni dopo.

Tuttavia, l’evento svoltosi quella sera è importante anche per un altro motivo, dal portato storico sicuramente più duraturo: infatti, esso costituisce, come dichiara Ivan Venturi, la prima occasione in cui i programmatori italiani si incontrano, discutono tra loro e divengono consapevoli di essere i primi membri di una comunità che sta muovendo i primi passi nel nostro paese.

 


Riferimenti

67I. VENTURI, Op. Cit., 2015.

68I. VENTURI, Fare videogiochi: nasce la Simulmondo!, 27/02/2009, cit.

69 Cfr. ENRICO AROSIO, “Ragazzi Bit”, L’Espresso, anno 35 n. 9, 05 marzo 1989.

70 Ivi, p. 209.

71 Ibid.

72 Ivi, p. 210.

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