Cap.2.3: Tre passi nel Simulmondo: Bocce, Simulgolf e Italy ‘90 Soccer

Il mercato videoludico italiano in quel momento è dominato dai titoli americani, che ne costituiscono il 99%.

La pirateria la fa ancora da padrone, essendo la principale modalità distributiva dei videogiochi: sia le riviste vendute in edicola sia gli stessi negozi di videogiochi offrono principalmente titoli pirata; la pirateria permette inoltre di reperire titoli stranieri che altrimenti non sarebbero arrivati sugli scaffali delle rivendite del Bel Paese.

Molte aziende di duplicazione, che creano copie di floppy, cassette e simili, sostengono i propri affari sproteggendo e distribuendo copie pirata attraverso edicole e negozi.

Intanto, il progetto Columbus Race prosegue, con Carlà che dà consigli di design e gameplay al giovane Venturi, proponendo modifiche agli ambienti e ai personaggi. Il gioco sente la forte influenza dei gusti e delle letture di Carlà, virando sempre più dal genere fantascientifico ad uno più ispirato ad un classico della letteratura come Alice nel paese delle meraviglie.

Nonostante le buone intenzioni, il gioco non riesce a raggiungere una versione definitiva, complice una difficile situazione personale dello stesso Venturi, che deve affrontare la morte del padre e l’inserimento in una nuova classe di liceo in cui deve fare i conti con ragazzi più grandi e radicalmente diversi da lui. Anche Carlà finisce per disinteressarsi al progetto, poiché concepisce l’idea per un gioco con cui conta di poter inserire il suo gruppo di lavoro nel mercato italiano: il primo vero gioco targato Simulmondo.

Fedele alle proprie idee, Carlà immagina una simulazione: a suo parere le simulazioni più efficaci per un videogame sono quelle degli sport, che sono dinamiche, divertenti e non richiedono che il giocatore impari le regole, visto che le ha già imparate tramite la sua esperienza personale nel “mondo reale”.

Come scrive lo stesso Carlà:

"Anno dopo anno con il mezzo interattivo sono stati simulati tutti gli sport esistenti, ma, [...] non tutti gli sport sono ugualmente adatti ad essere simulati. Tra tutti gli sport il più interattivo è sicuramente il golf, sport di un solo giocatore che sembra fatto apposta per essere ripreso in versione software.

Ma anche il tennis e gli sport di motore sono parecchio indicati per una trasposizione interattiva. Lo stesso baseball, sebbene sia uno sport di squadra e quindi poco adatto per definizione alla simulazione, grazie alla suaframmentazione in sequenze di gesti sportivi separati, è stato molto ben riprodotto in videogame. La stessa cosa è avvenuta alla vela e al basket, a quest'ultimo soprattutto nella versione poco tecnica, ma molto spettacolare del “one on one”, uno contro uno. Disastrosa la situazione degli sport televisivi per eccellenza: il calcio e il football americano, tanto sono adatti alle riprese televisive quanto poco lo sono alla simulazione. Buona invece l'attitudine d’esser simulato del pugilato e ottima quella delle specialità dell'atletica e del nuoto.58"

Si può facilmente notare come la logica che sottende il pensiero di Carlà, il videogioco come simulazione dell'esperienza reale, ne influenzi il giudizio: infatti, egli ritiene meglio simulabili e, quindi, più adatti ad un videogioco, quegli sport che si giocano individualmente o, pur essendo sport di squadra, si frammentino in una serie di azioni individuali. Questo perché ciò consente di restituire al giocatore l’esperienza diretta dell’attività sportiva, come se fosse lui stesso a praticarla.

Il pensiero di Carlà è sicuramente influenzato dalle limitazioni tecniche imposte aisoftware dell’epoca in cui scrive, ancora incapaci di rendere con sufficiente dinamismo gli sport di squadra; tuttavia, è interessante notare come i giochi che oggi restituiscono con precisione e realismo attività come il calcio, registrando ogni anno un enorme successo di pubblico come FIFA di EA o PES di Konami, offrano una simulazione certo, ma non tanto dell'attività sportiva in sé, quanto della sua riproduzione televisiva. Con tanto di filmato iniziale che mostra la discesa in campo delle squadre, le grafiche con le formazioni, fino ad arrivare ai vari replay, moviola e commento tecnico, senza dimenticare gli high-lights delle azioni più significative, trasmessi nell’intervallo.

Ma torniamo a noi. Poiché il mercato deve essere quello italiano, Carlà sceglie di simulare uno sport che sia tipicamente italiano. La scelta ricade sul più italiano di tutti, un gioco che nessuno aveva mai simulato prima: ecco allora l’idea di un software che simuli il gioco delle bocce. Siamo nel 1987, Carlà prende accordi per la distribuzione con ItalVideo, un'azienda di duplicazione che ha sede nei pressi di Bologna e incarica Venturi di sviluppare il progetto. Così come il primo videogioco commerciale al mondo (i giochi di Baer su Odissey e, successivamente, Pong), anche il primo videogioco commerciale italiano risulta essere la simulazione di uno sport.

Non si può certo dire che Venturi condivida l’entusiasmo di Carlà per il nuovo progetto; d’altronde è comprensibile che sia difficile abbandonare il lavoro su una grande avventura spaziale per dedicarsi al ben più pedestre gioco delle bocce, soprattutto se chi è incaricato di lavorarci non è un pensionato ma un ragazzo appena diciassettenne. Nonostante ciò, il programmatore la prende con molta professionalità:

"[I giochi cui amavo giocare] Non hanno influenzato direttamente il mio lavoro: io ho iniziato a fare giochi per l’esigenza fortissima di dare sfogo alla mia creatività, creare mondi, che non erano necessariamente quelli che volevo interagire. Io ho iniziato a fare giochi in maniera semi professionale da subito: ad esempio, Bocce a me faceva schifo, ma era il gioco italiano, Carlà voleva fare quello. […] Alla fine ho fatto quello che dovevo fare: ogni cosa che fai puoi farla bene, puoi farla come ti pare e magari anche appassionartici.59"

E invero, Venturi si appassiona al progetto mettendoci impegno e competenza, sviluppando, così il suo primo vero videogioco.

Bocce si ispira ad un precedente gioco di golf, Leader Board del 1986 sviluppato dai fratelli Carver per Access.

leader boardLeader Board

All'epoca è il simulatore di golf più venduto di sempre e quello che vanta la maggiore qualità; Carlà ammira molto la facilità di interazione e il realismo delle meccaniche di gioco, la resa degli effetti delle diverse mazze sulla pallina,nonché gli effetti sonori e la grafica dei vari percorsi, al punto da considerarlo uno dei dieci titoli fondamentali della storia del videogioco:

"Ricordo esattamente, e mi succede sempre quando interagisco per la prima volta un software rivoluzionario[...], la faccia che feci appena riuscii a scagliare la prima biglia verso la bandierina: la cosa più terribile fu chemi sentii un golfer, proprio io, che come molti italiani, non avevo (non ho) mai preso un bastone da golf in mano. Dopo quel primo tiro sono rimasto incatenato a Leader Board per qualche mese e alla fine mi sentivoun campioncino, non credo di essermi divertito più tanto spesso come in quel periodo. Riassumo al volo la forza di simulazione di Leader Board. L’ergonomia (la furbizia di farti credere con i fatti interattivi di essere nel pieno dominio di tutte le condizioni essenziali per giocare a golf […]); l’incatenamento e la coazione a rigiocare, che si ottiene con la chiarezza delle regole e il divertimento progressivo durante la simulazione; e infine la qualità dei servizi, i congegni per assisterti quasi intuendo i tuoi desideri, aiutandoti senza che tu te n’accorga.60"

È difficile essere all’altezza di un modello tanto alto, ma Venturi ce la mette tutta per creare un gioco che vi si avvicini. Innanzitutto studia e si appassiona alle regole delle bocce sia nella loro versione outdoor sia nella versione indoor. Poi si interessa al movimento del bocciofilo, a tutte le azioni necessarie a scagliare la boccia nel punto giusto per riuscire a riprodurle con la massima fedeltà con gli sprite del Commodore 64. Per fare ciò, Venturi decide di mettersi d’impegno anticipando il suo programma di studi per affrontare la trigonometria e la fisica necessarie per riprodurre con realismo il movimento delle bocce, le loro traiettorie ed i rimbalzi.

Questi accorgimenti tecnici sono inseriti in un architettura curata e ironica: il menù iniziale è incorniciato da colonne e frontoni in stile tempio classico, mentre la statua del Bocciofilo (che fa il verso al Discobolo di Mirone) compare tra fasci di luce poco prima che il programma dia il via alla partita dimostrativa, che si può ammirare rimanendo per un certo tempo sul menù senza inviare alcun comando. La schermata di gioco è divisa in tre riquadri: uno che riproduce il giocatore intento a lanciare la sfera, uno che riproduce il campo da gioco,visto dall’alto per rendere più chiara la situazione della partita, e infine uno che mostra il luogo in cui si svolge la gara, la bocciofila della disciplina indoor o la strada di campagna della versione outdoor. I suddetti riquadri godono di un'ulteriore finezza, l’utilizzo della “grafica metallica” per abbellire le diverse icone, da poco introdotta e utilizzata con successo nei sistemi operativi Microsoft; essa consiste nel mettere un bordo chiaro in alto a sinistra a tutte le icone e uno scuro ibasso a destra, ottenendo un effetto di tridimensionalità. Ultimo ma non meno importante, all’interno dei filmati di avvio compare per la prima volta il simbolo dell’azienda di Carlà e soci, un pianeta con due satelliti che viorbitano attorno a mo’ di elettroni; mentre nei credits l’azienda abbandona l’iniziale denominazione anglofona per una tutta italiana: è finalmente comparso il nome Simulmondo.

Il gioco viene interamente sviluppato dal solo Venturi, che si occupa di codice, gameplay, grafica e sonoro. Con i guadagni del suo primo gioco da professionista, uniti a quelli di un gioco sulla tombola commisionatogli da ItalVideo, il giovane riesce a comprare un motorino e un monitor per il suo Commodore.

Non appena terminato il lavoro su Bocce, Carlà propone a Venturi di lavorare ad un altro gioco: si tratta nuovamente di una simulazione sportiva, di uno sport finora mai simulato, il minigolf. In pieno stile Carlà il gioco prende il nome di Simulgolf.

simulgolf

Simulgolf

Con questo secondo progetto Venturi comincia a maturare, modificando il proprio metodo di lavoro secondo i consigli forniti da Carlà; o meglio, creando un proprio metodo di lavoro: infatti spesso e volentieri i due discutono, con Venturi che reclama assoluta libertà creativa e accetta di malavoglia che Carlà metta il naso nel suo lavoro.

In realtà, il programmatore stesso si rende conto di come i consigli forniti dall’amico dall’alto della sua esperienza siano importanti e di come sia fondamentale creare un piano di lavoro ben definito e procedere con metodo. Perciò comincia a procedere per gradi, preparando inizialmente bozzetti e mappe, pianificando in modo più rigoroso il lavoro. Fino a quel momento l’unica preoccupazione di Venturi era di concludere la propria attività nel minor tempo possibile, ora i consigli di Carlà gli dimostrano come sia fondamentale procedere con metodo.

Il programmatore comincia allora a progettare una per una le 18 buche del circuito, ognuna dotata delle sue particolarità e dei suoi effetti speciali, per dare l’effetto da luna-park tipico delle piste da minigolf, cui contribuisce anche la grafica metallica e “giocattolosa”. Il gioco è arricchito da tutta una serie di effetti legati al funzionamento dei vari congegni disposti sulla pista e ai movimenti della pallina, come la sua scomparsa all’interno dell’ombra della buca. Per rendere il tutto sufficientemente realistico, Venturi deve rimettere mano alla fisica e alla trigonometria studiate per ricreare i rimbalzi delle bocce nel gioco omonimo: con estrema difficoltà e con algoritmi non proprio ortodossi, il programmatore riesce ad ottenere un risultato finale abbastanza soddisfacente.

"In Simulgolf c’erano le diverse irregolarità delle piste, angoli strani, curve lungo le quali la pallina doveva poter scorrere, scivoli, salite, tunnel: mi inventai una sorta di mappatura dei rimbalzi relativa a ogni pixel del bordo pista. Praticamente calcolavo a ogni ciclo di gioco se la pallina era in una certa posizione e che direzione aveva. In base alla posizione andavo a pescare un valore direzionale, che incrociato con quello della direzione della pallina determinava in che direzione sarebbe dovuta rimbalzare la pallina. Fu abbastanza macchinoso definire tutti i punti traiettoria possibili, ma alla fine il risultato fu piuttosto buono, dato che la struttura dei rimbalzi era verosimile ma conteneva vari elementi di sorpresa, inseriti a mano’, insomma le leggi della fisica riscritte con un po’ di spezie aggiunte, per arricchire creativamente i rimbalzi, importantissimi nel gioco del minigolf.61"

Il lavoro su Simulgolf, però, procede a rilento, fino ad arrestarsi del tutto nell’estate del 1988, poiché lo stesso Venturi è impegnato nell'esame di maturità. Questo è il punto di non ritorno per la carriera del programmatore bolognese che, complice una prova non proprio soddisfacente, si ritrova a pensare al futuro, realizzando che vorrebbe continuare a creare videogiochi, trasformandolo però in un mestiere di cui vivere.

La decisione è presa: Venturi si rimette all’opera, conclude Simulgolf e termina una versione riveduta e corretta di Bocce, che esce con il nome di Bowls, consegnandolo all’ItalVideo per la duplicazione e la distribuzione in tempo per l’uscita nel periodo natalizio.

bowlsBowls

In quegli anni, ormai, gli home computer a 8 bit, come quello su cui lavora Venturi, stanno cedendo il passo ai più potenti computer a 16 bit come l’Amiga.

Questi ultimi garantiscono prestazioni sicuramente più elevate, ma risultano decisamente più complicati da programmare, rendendo più difficile il lavoro da one man team cui è abituato Venturi. Il programmatore comincia a far pratica con il nuovo sistema su un Amiga prestatogli da Carlà: porta a termine alcune sperimentazioni con grafica e sonoro (alcuni suoi disegni vengono usati dal giornalista per illustrare i propri articoli su L'Espresso), ma si rende conto che il nuovo computer è qualcosa di totalmente diverso dal vecchio Commodore 64, per potervi programmare bisogna abbandonare l’intero sistema di lavoro sviluppato fino a quel momento per metterne a punto uno totalmente nuovo.

Giunto a questo punto, Venturi rinuncia a sviluppare per Amiga la stessa competenza conquistata con fatica per il Commodore 64, tanto più che Carlà è già in contatto con altre figure capaci di programmare con il nuovo hardware. Scrive Venturi:

"Questa decisione che presi è stata di un’importanza fondamentale per me e per come ho affrontato il rinnovamento tecnologico, continuo, nel corso della mia vita professionale. A un certo punto bisogna fare una scelta: diventare degli specialisti, ficcando il naso a fondo nella tecnologia senza poterlo rialzare mai per paura di perdere fatalmente il contatto con essa, oppure imparare a gestire la tecnologia, imparando bene quelle che sono le linee fondamentali che l’attraversano e imparando a riconoscere la loro apparizione nel continuo evolversi elettronico e informatico.

Continuo a fare videogiochi da allora, e sono passati vent’anni. Ma è da oltre quindici anni che non scrivopiù una linea di codice. Anche se, come andare in bicicletta, il saper programmare è una cosa (e una forma mentis) che non si dimentica.62"

I programmatori per Amiga con cui Carlà è in contatto, sviluppano per la sua neonata azienda il terzo gioco del 1988. Si tratta di un titolo calcistico intitolato Italy ‘90 Soccer; i suoi creatori sono un trio di fratelli romagnoli Davide, Marco e Francesco Dardari, in arte Dardari Bros, rispettivamente di 21, 16 e 14 anni.

Italy90 soccerItaly '90 Soccer

I tre sono figli di Gilberto Dardari, che negli anni Settanta aveva cominciato a riprendere le partite del Cesena per poi trasmetterle nella natia Savignano sul Rubicone e nei paesi limitrofi, finendo per creare una vera e propria emittente via cavo: TeleRubicone.

I fratelli cominciano lavorando nella televisione del padre, per poi appassionarsi all’informatica. Il loro primo lavoro è Italy ‘90 Soccer, nato per gioco nel garage e divenuto, grazie proprio a Simulmondo e ItalVideo, il primo videogiococalcistico sviluppato in Italia: Davide Dardari si occupa della programmazione, mentre Marco e Francesco si concentrano sulle grafiche:

"Nell’estate dell’87, per gioco, io e i miei fratelli sviluppammo un gioco sul calcio. Da soli. Non fu una commessa di Simulmondo, che al tempo nemmeno esisteva, [...]. Facemmo il gioco perché appassionati di elettronica; poi io quell’anno iniziai il primo anno di Università e cominciai a far girare questo dischetto, una demo, per far vedere cosa avevo fatto. Nel giro di pochi giorni o di poche settimane questi dischetti – si vede che erano stati duplicati – arrivarono nelle mani contemporaneamente di Carlà e di Riccardo Arioti [figlio del proprietario di ItalVideo], che mi chiamarono nella stessa sera, in maniera indipendente, credo, perché ricevetti le due telefonate nel giro di qualche decina di minuti. Mi chiamarono dicendomi che avevano visto la demo e li era piaciuta molto. Così nacque il contatto con la Simulmondo perché dopo qualche mese Carlà e Arioti si misero assieme per creare questa realtà per poi dividersi un anno dopo. Il gioco era quasi pronto:discutemmo delle condizioni economiche, ci diedero, ovviamente, un feedback artistico per fare alcuni miglioramenti e poi fu messo in commercio.63"

Carlà vuole fortemente mettere in commercio il gioco dei fratelli Dardari perché sa che la sopravvivenza dell’azienda è legata al successo dei primi giochi prodotti e, perciò, uno di questi deve essere un gioco di calcio; questo nonostante Carlà nutra una profonda sfiducia nell’efficacia delle simulazioni di sport di squadra, che ritiene incapaci direndere l’esperienza reale di quello sport:

"La storia del calcio interattivo è costellata di autentici fallimenti. Come mettere insieme ventidue giocatori e un arbitro nello stesso screen? Gli espedienti per risolvere questo problema sono stati tanti, ma nessuno davvero convincente. Cominciamo da International Soccer del già ricordato Andrew Spencer […]. Spencer non ha trovato nulla dimeglio che rendere i giocatori da ventidue a dieci. Ne viene fuori una specie di pallacanestro giocata con i piedi, a dire il vero interattiva e divertente, ma che con il calcio non ha molto in comune.64"

Italy ‘90 Soccer utilizza un meccanismo simile: l’azione viene seguita attraverso uno scrolling laterale, cosìcchè i giocatori non sono mai visibili contemporaneamente se non per un massimo di sette giocatori presenti sullo schermo nello stesso momento. Gli sprite dei calciatori sono disegnati in modo tale da rendere l’illusione della tridimensionalità, tramite il gioco delle ombre che proiettano, infatti il motore del gioco è tridimensionale, ma la resa grafica è bidimensionale.

I fratelli Dardari dimostrano una grande attenzione per i dettagli rendendo possibile a inizio partita scegliere quale colore delle maglie utilizzare per le diverse squadre, che ovviamente sono tutte le nazionali partecipanti alla competizione; inoltre, il bordo campo risulta vivace e animato grazie alla presenza di allenatori, indaffarate troupe televisive e tifoserie agguerrite. Un tale contorno risulta decisamente inusuale per quegli anni, in cui i videogiochi sportivi che vanno per la maggiore, come Kick Off (Anco, 1989) dell’inglese Dino Dini, si limitano a mostrare solamente il campo da gioco.

"Era tutto un lavoro di ottimizzazione: nel gioco c’erano anche le ombre dei giocatori, l’importante era individuare i colli di bottiglia del codice, i punto di rallentamento dell’esecuzione, e capire come risolverli. Se proprio non si riusciva bisognava ricorrere all’assembler, il linguaggio macchina. E infatti una buona parte delgioco era scritta in linguaggio macchina, [...]. Era mio fratello Francesco che mi diceva quello che il programma avrebbe dovuto fare. I nostri giochi non erano pensati per l’utente di basso livello, quello a cui interessa solo muovere il joystick, qualcosa si muove sullo schermo e lui si diverte. Lui aveva in mente un giocatore che, tramite mosse ben congegnate riesca a far fare cose complesse al gioco: si poteva fare la rovesciata, ma bisognava trovare la giusta combinazione. Non bastava schiacciare un tasto perché il computer si inventasse le mosse. Quello era il punto di forza e forse anche il punto debole di quei giochi, perché attirava chi volesse padroneggiare la macchina e allontanava chi voleva qualcosa di più semplice.65"

Italy ‘90 Soccer permette all’utente di sfidare il computer o un altro giocatore, oltre a consentire la partecipazione al torneo di un massimo di otto giocatori umani. Ivan Venturi si occupa di creare una versione del gioco per il C64.

Con questi tre titoli a disposizione, Carlà si rende conto di non poter fare affidamento sulla ItalVideo per la nascita dell’azienda, visto che il direttore della casa di duplicazione ha in mente una diversa linea editoriale.

Simulmondo deve, perciò, diventare autonoma; per fare ciò Carlà decide di utilizzare le possibilità offerte dalla sua attività giornalistica, pubblicando sulla sua rubrica Playworld un trafiletto in cui annuncia che Simulmondo stacercando programmatori (che devono saper operare “in linguaggio macchina o altri linguaggi evoluti su Amiga, C64, IBM PC e Atari ST66). Per partecipare basta inviare un floppy con un saggio delle proprie capacità. Finalmente, dopo tanti anni, il sogno di creare il “mondo simulato”, il Simulmondo, sta per divenire realtà.

 


Riferimenti

57 F. CROCI, Op. cit., 2015.

58 F. CARLÀ, Op. Cit., 1996, pp. 171-172.

59 I. VENTURI, Op. cit., 2015.

60 F. CARLÀ, Op. cit., 1996, p. 258.

61 I. VENTURI, Una vita di videogiochi: esame di maturità, Simulgolf, 25/02/2009, cit.

62 I. VENTURI, 8 bit, 1 man, Amiga in cucina: Infine Simulmondo nasce, 16/02/2009, cit.

63 DAVIDE DARDARI, Intervista da me effettuata in data 15/09/2015.

64 F. CARLÀ, Op. cit., 1996, pp.185-186.

65 D. DARDARI, Op. cit..

66 Il testo qui riportato è tratto dal trafiletto presentato in GIACOMO GIORGI, Simulmondo: una storia italiana, Leganerd.com, 28/11/2012. Tuttavia l’articolo non indica la fonte da cui tale immagine è tratta. Il primo trafiletto a cui sono riuscito a risalire compare nel numero di MC Microcomputer del febbraio 1988 (p.102). Si può presumere che l’annuncio riportato da Leganerd.com sia successivo a quello da me indicato, in quanto riporta l’indirizzo della prima sede di Simulmondo (viale Berti Pichat 26), in cui l’azienda si trasferisce nell’autunno 1988. Al contrario, il trafiletto di febbraio ‘88 presenta come indirizzo di riferimento via Col di Lana 11/2, l’abitazione di Carlà adibita ad ufficio di Simulmondo fino al trasferimento dell’azienda nella sede storica di viale Berti Pichat.

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