Cap.2: Le Origini: Francesco Carlà e la teoria del Simulmondo

Dopo la veloce panoramica sulla storia del videogioco compiuta nello scorso capitolo, vorrei entrare ora nello specifico del mio discorso, cominciando ad affrontare direttamente l’obiettivo di questo lavoro: un tentativo didelineare la storia di Simulmondo, storica azienda di videogiochi bolognese e prima software house videoludica italiana.

La storia che sto per raccontare è innanzitutto la storia di un’idea; un’idea che si esprime in una parola, un concetto: il Simulmondo. Un concetto che, come è facile intuire, è alla base della società che ne porta il nome.

"Alla fine degli anni Settanta cercavo una parola per questo nuovo mondo interattivo. Avevo 18 anni e pensavo che il modello di tutto fossero i videogiochi. I videogame simulavano mondi, pianeti interattivi, corse furiose e botte da orbi. Simulavano così bene che ti sembrava di essere dentro quel mondo fatto di immagini digitali prigioniere all’interno di uno schermo. […] Così all’inizio degli anni Ottanta ho trovato la parola che cercavo: Simulmondo.31"

Tutto inizia una notte del 1983 in un albergo di Londra, dove un giovane ragazzo italiano conia una parola, Simulmondo appunto, per descrivere una realtà che egli sta vedendo nascere e consolidarsi. Il ragazzo si chiama Francesco Carlà e intravede una nuova rivoluzione: dopo un sistema economico basato sull’agricoltura e, poi, sull’industria, l’umanità sta entrando in una nuova fase basata sulla mobilità della mente e delle idee piuttosto che su quella dei corpi e delle merci.

francesco carlaFrancesco Carlà

"Era l’estate del 1983 ed ero in una stanza d’albergo al ventesimo piano di un hotel di Londra. Non dormivo perché pensavo ai videogiochi e a come mi suggerissero l’idea di un mondo interattivo, digitale e plastico, videoanimato e intelligente, capace di rispondere ai miei comandi e di reagire.32"

Il Simulmondo nasce nell’Ottocento con la creazione di mezzi di comunicazione immateriale quali la fotografia, il cinema, il telefono; presi singolarmente questi mezzi non sono altro che strumenti, tuttavia, nel momento in cui essi vengono uniti possono formare un vero e proprio mondo che “simula e replica le condizioni e opportunitàdella Terraferma [il mondo materiale, ndr] e le cambia. Crea possibilità impensabili e impossibili per l’uomo (e per l’impresa) dell’agricoltura e dell’industria. Cambia l’umanità, ne inventa una nuova.”33 Il collante che tiene assieme i mezzi di comunicazione immateriale, permettendo loro di formare un mondo, è costituito prima dal computer e poi da internet. Si crea così una realtà in cui tutti possono vivere e lavorare in un ambiente che simula quello fisico senza, però, averne le limitazioni, senza doversi spostare per raggiungere luoghi o persone lontane. Non è più necessario che le idee si trasformino in prodotti, sono le idee stesse a divenire prodotti: “un uomo e il suo pensiero possono diventare un’industria”.34

Il pensiero di Carlà ha al centro i videogiochi, visti come la prima applicazione del concetto di mondo simulato, il primo vero strumento ad entrare nella vita delle persone presentando loro una nuova realtà che riproduce quella vera, permettendo agli utenti di svolgere attività che, nella vita reale, sarebbero impossibili o fortemente limitate da vincoli fisici. I videogiochi costituiscono la testa di ponte del Simulmondo non solo perché introducono il grande pubblico all’idea di un mondo simulato, ma anche perché permettono la diffusione dei computer nelle case: infatti, i primi PC come l’Apple II sono acquistati come piattaforme da gioco, visti i costi elevati di applicazioni e periferiche e l’assenza di una memoria di massa, che rende difficile usarli per lavorare.

Per non parlare di come l’interazione tra macchina e utente sviluppata dal videogioco, in cui l’uno trasmette comandi all’altra agendo su delle immagini sullo schermo, sia nient’alto che un'anticipazione dell'interfaccia grafica che oggi consente di inviare comandi ai nostri PC. Inoltre, videogiochi hanno il vantaggio di essere accattivanti, divertenti e immediati, essendo “l’unico medium il cui intero pubblico può impadronirsi di qualsiasi nuova apparecchiatura in quarantacinque minuti”35 utilizzando il gioco e la ripetizione come strumenti di apprendimento. Per tutti gli anni Settanta i videogiochi mettono assieme cultura, tecnologia, mercato e tecniche che aprono la strada al successo dei nuovi media digitali: Pong ha già al suo interno tutte le caratteristiche dei prodotti di comunicazione digitale, e cioè lucidità, interazione tramite oggetti visuali, un obiettivo preciso e lo svolgersi in tempo reale di azioni dell’utente e reazioni da parte della macchina. In definitiva:

"Senza i videogiochi, il linguaggio, le tecniche, il pubblico e il mercato del digitale non si sarebbero sviluppati così in fretta e di certo sarebbero stati molto diversi.36"

Ma torniamo a Carlà. Fedele al suo pensiero, egli riesce effettivamente a fare delle sue idee un’industria, interessandosi fin da giovanissimo al mondo dei videogiochi: nato nel 1961 a Lecce, comincia la sua carriera nel mondo videoludico nel 1972, visitando i bar della zona alla ricerca dei primi giochi arcade, di cui fotografa le schermate dei credits con la sua Polaroid. Nel 1980 si trasferisce a Bologna per studiare al DAMS, dove si laurea con una tesi proprio sui videogiochi, basata sul materiale raccolto nelle sue ricerche nei bar e nelle sale giochi.

Mentre frequenta l’università, Carlà dà il via ad una proficua carriera da giornalista: nel 1981 convince il direttore di Rockstar, popolare rivista di musica, ad affidargli una pagina in cui gestire una rubrica dedicata ai videogiochi, intitolata Videogames, in cui recensisce i giochi arcade e quelli per le prime console, VCS di Atari e Intellivision di Mattel:

"La mia idea era semplice: i videogiochi non erano solo passatempi per "bambini scemi", ma nuovi prodotti audiovisivi e per la prima volta interattivi e andavano recensiti e studiati come opere.37"

Già in questa dichiarazione di intenti si avvertono tutte le caratteristiche del pensiero di Carlà: come si può evincere dal suo libro Space Invaders: la vera storia dei videogiochi,38 egli vede il videogioco come un prodotto culturale, paragonabile al cinema e alla letteratura; non a caso il libro di Carlà organizza i giochi in base alle loro “fontidi ispirazione” o meglio, in base a ciò che simulano: perciò troviamo la sezione dedicata ai giochi ispirati a fumetti, a opere letterarie, al cinema, allo sport e infine quelli dedicati all'educazione. Va notata, poi, l'attenzione rivolta al concetto di interattività, che Carlà considera la vera rivoluzione dietro i videogiochi, cioè la possibilità di inviare comandi alla macchina e di decidere cosa farle fare, una cosa impossibile per i mezzi di comunicazione tradizionali come cinema e televisione. La semplicità e l’immediatezza dell'interazione sono le caratteristiche che fanno un grande gioco, secondo Carlà, che spesso preferisce il termine “interagire con un videogame”, piuttosto che “giocare ad un videogioco”.

Nel giro di pochi mesi, il futuro fondatore di Simulmondo viene contattato da diverse riviste, per cui comincia a curare rubriche sul mondo dei videogiochi: tra queste ricordiamo Computer GamesElectronic Games Videogiochi, nonché la rivista di informatica Micro & Personal Computer, oltre a riviste per bambini come Snoopy. Come ricorda Carlà:

"A un certo punto, credo fosse il 1983, scrivevo tutto il giorno di videogame e mettevo mano alla tesi di laurea sulla storia dei videogiochi. […] Era un'epoca in cui scrivevo davvero dappertutto.39"

mp 3

Nel 1984 inizia a collaborare con una rivista importante come Panorama, per poi recarsi in Inghilterra, all’epoca il paese europeo più all’avanguardia in fatto di videogiochi. Da oltre manica arrivano i giochi di Jeff Minter, una delle prime vere star del mondo della programmazione a causa del suo stile anticonformista e della passione per lama, yak e altre bestie montane che riversa nei suoi giochi; questi sono caratterizzati da grande originalità e da una forte componente autoriale, nonché dalla fine realizzazione tecnica, che si concretizzano in uno stile ironico e psichedelico: basti citare Attack of the Mutant Camels (Llamasoft, 1983) ispirato alla sequenza iniziale de L’Impero colpisce ancora (Irvin Kershner, 1980), ma con cammelli giganti al posto dei camminatori imperiali visti nel film; mentre Revenge of the Mutant Camels (Llamasoft, 1984) vedeva il giocatore alle prese con nemici improbabili quali cabine del telefono, uomini seduti su WC o canguri con gli sci; Iridis Alpha (Hewson, 1986), infine, si caratterizza per lo stile psichedelico, dato da suoni distorti e colori sgargianti, oltre che dal gameplay complesso e velocissimo (la velocità è una delle cifre dei giochi di Minter) quasi al limite delle capacità del giocatore.

attack of the mutant camelsAttack of the Mutant Camels (Llamasoft, 1983)

Un’altra vetta del panorama inglese è costituita dai giochi della Melbourne House, avventure testuali ispirate ai lavori di Tolkien, che possono vantare un parser (il programma che decodifica le istruzioni date dall’utente e reagisce di conseguenza) estremamente sofisticato, mentre Virgin produce giochi meno sofisticati ma più spettacolari, diffondendo il proprio marchio attraverso un’importante campagna di pubblicità televisiva resa possibile dalle maggiori possibilità economiche date dal fatto di essere parte dell’eclettico gruppo di proprietà del miliardario Richard Branson.

Dal suo viaggio in Inghilterra, Carlà riporta40 l'impressione di una realtà in grande fermento dove grandi e piccole software house riempiono il mercato con i loro prodotti.

Le edicole del Regno Unito offrono una vasta gamma di riviste dedicate al settore che raggiungono complessivamente una tiratura di sette milioni di copie e costituiscono unveicolo fondamentale per la pubblicità degli sviluppatori. Queste pubblicazioni sono anche il tramite attraverso cui i produttori si mettono in contatto con il pubblico, poiché i giochi vengono venduti direttamente dai primi attraverso il servizio postale e le riviste riportano indirizzi e contatti da allertare se interessati. Le software houses inglesisi rivolgono principalmente al mercato degli home computers, ma devono fare i conti con la minaccia della pirateria: infatti, la scarsa diffusione dei lettori di floppy disk costringe i produttori a rilasciare i propri giochi su nastro magnetico, decisamente più semplice da “sproteggere”41 e copiare.

Nel 1985 Carlà lascia Micro & Personal Computer, all’epoca la seconda rivista di settore per diffusione, per passare a MC Microcomputers, la più importante rivista dell’epoca dedicata all’informatica. Il periodico gli affida una rubrica chiamata Playworld, su cui compaiono recensioni e notizie dal mondo videoludico; la collaborazione prosegue per una quindicina d’anni e la rubrica di Carlà ottiene un seguito enorme arrivando ad occupare ben otto pagine sulla rivista e venendo tempestata da una fitta corrispondenza da parte dei lettori.

mc microcomputer 046

Grazie alla sua attività giornalistica, attorno alla metà degli anni Ottanta il creatore del Simulmondo ottiene addirittura un posto in alcune trasmissioni televisive, cui offre la propria conoscenza riguardante i videogames. Laprima è Obladì Obladà, condotta da Serena Dandini e trasmessa in prima serata da Rai 1, che ha l’obiettivo di distinguersi dai contemporanei programmi dello stesso tipo utilizzando la formula del videoclip per parlare non solo di musica, ma anche degli altri interessi dei ragazzi dell’epoca, tra cui anche i videogiochi; la sezione legata all’intrattenimento elettronico è affidata a Carlà, che cura un montaggio di scene tratte da diversi videogiochi, messe assieme per raccontare una storia.

Tra i collaboratori del programma, Carlà stringe amicizia con il designer Massimo Iosa Ghini, che si occupa dell’allestimento dello studio e della sigla; un rapporto che dura nel tempo e porta i suoifrutti anche nella futura azienda dello studente del DAMS. Videogames Weekend, invece, in onda su Rai 2 il sabato mattina, si occupa in modo specifico di videogames, presentando al pubblico le ultime novità: qui Carlà compare direttamente sullo schermo, all’interno delle immagini tratte dai giochi:42

"Mi ricordo che feci vedere Test Drive e un game sul circo di cui adesso non mi viene il nome. VG Weekendandò avanti un paio d'anni, mi pare; credo presentai in quella sede anche Sim City e Populous. […] diventò "famosa" la mia gag con la tigre che non mi mangiava... Era una cosa divertente e diventò una specie di tormentone: lo facevo per far capire che i videogiochi eranouna specie di cinema e di cartoons, ma interattivi. All'epoca non era affatto così immediato da comunicare. Stessa cosa con la multa che mi appioppava il poliziotto di Test Drive della Accolade!43"

Carlà è impegnatissimo e onnivoro, vuole comunicare l’idea che i videogiochi non siano solo un passatempo per bambini, ma una nuova forma di comunicazione, per questo prova ogni gioco disponibile e si procura tutte le console sul mercato, viaggiando per il mondo e contattando direttamente i vari produttori, visto che nel nostro paese arriva molto poco di ciò che viene venduto nel resto del mondo:

"[…] presi anche quella bella consolina giapponese a Hong Kong, il PC Engine. Credo sia stata la prima con i Cd-Rom. Poi acquistai anche il Neo Geo. Qualsiasi cosa che producesse anche alla lontana videogiochi, l'avevo... Compreso l'Atari Lynx: di quest'ultimo avevo tutte le cartuccine disponibili, mi ricordo un bel game di corsa. […] era come coi dischi, per i 45 giri e gli LP: se non ti fossi dato da fare non avresti trovato nulla. Io viaggiavo, scrivevo, mi davo un sacco da fare. Compravo per corrispondenza usando gli indirizzi delle case che trovavo sulle riviste. Poi molti me li spedivano loro perché gli facevo avere copie degli articoli che scrivevo. Un lavoraccio... Passione.44"

Nel frattempo, Carlà lascia Panorama e comincia a scrivere su L’Espresso, senza disdegnare riviste apparentemente lontane dal suo campo, ad esempio quelle di architettura come Domus Terrazzo, su cui presenta una descrizione di architetture e arredamenti dei videogames.

Infine, si reca in Inghilterra ed in Giappone, paesi dove la cultura del videogioco ha già preso piede e si è consolidata. Da queste esperienze, Carlà trae importanti insegnamenti e comincia a pensare di poter passare dall’altra parte: da parlare di videogiochi a creare videogiochi...

"...l’idea di occuparmi full time di videogiochi mi è venuta molto presto, negli anni ’70, e per molto tempo l’idea era legata allo studio dei videogiochi e della loro storia anche se avevano solo pochi anni di vita. Studioso e divulgatore con l’idea che i videogiochi fossero una nuova arte e che avessero al loro interno tutto il necessario per essere considerati tali. Ma soprattutto che avessero davanti un futuro enorme e io volevo essere parte di questo futuro, non solo come studioso ma anche come produttore. Una cose comune nel cinema se si pensa a quei registi che vengono dal giornalismo come Truffaut e gli altri autori della Nouvelle Vague. L’altra mia idea, infatti, era mescolare tutte le mie passioni - cinema, musica, letteratura - in questa nuova forma d’arte.45"

Per portare a compimento questa idea, il giornalista si guarda attorno per individuare nel panorama italiano unarealtà che abbia i mezzi necessari a produrre videogiochi; così si rivolge ad una delle prime aziende del Bel Paese adinteressarsi a tale settore. Simulmondo, infatti, non è il primo tentativo di produrre videogiochi italiani: all’inizio degli anni ‘80 un’altra azienda bolognese legata al mercato videoludico tenta di iniziare la produzione di videogiochi sul territorio nazionale. Si tratta di Zaccaria, impresa produttrice di flipper e coin-op, che ottiene un certo successo a livello europeo grazie ai suoi flipper. All’epoca, infatti, le leggi italiane e di altri paesi europei impediscono la commercializzazione dei flipper americani, poiché considerano come gioco d’azzardo la possibilità di ripetere la partita da essi offerta tramite un apposito meccanismo. Zaccaria, allora, decide di produrre macchine conformi alle normative europee, che riescono ad imporsi nel vecchio continente, arrivando addirittura ad essere venduti in America.

Quando i videogiochi fanno la loro comparsa, l’azienda bolognese è tra i primi soggetti ad introdurre i giochi elettronici in Europa producendo TV Joker, uno dei tanti cloni di Pong, su licenza di Atari nel 1972. Nel 1984 Zaccaria tenta il salto da licenziatario a sviluppatore di giochi originali con Quasar, ma il tentativo si rivela un fallimento a causa della forte concorrenza di Stati Uniti e Giappone. Il fallimento di Zaccaria lascia in stallo il mercato italiano, poiché nessuno tenta di produrre videogames fino all’arrivo di Simulmondo. Se si considera che in paesi come Inghilterra, Francia e Spagna vengono creati videogiochi per tutti gli anni ‘80, i tre anni di “silenzio” intercorsi tra la fine di Zaccaria e la nascita di Simulmondo costituiscono un ritardo enorme nello sviluppo del videogioco italiano rispetto agli altri paesi europei, causando quella situazione di generale arretratezza che si trascina ancora oggi.

Essendosi reso conto che la produzione di giochi arcade non è la strada giusta, Carlà decide di concentrare i suoi sforzi sugli home computer, che in quegli anni cominciano a fare la loro comparsa anche in Italia. Ma perché ciò sia possibile, Carlà deve incontrare qualcuno che abbia le capacità tecniche per trasformare il suo fermento teorico in un prodotto concreto, ha bisogno, cioè, di qualcuno che sappia programmare. Questo incontro sta giusto per avvenire, cambiando le sorti del videogioco italiano.

 


Riferimenti

31 F. CARLÀ, Op. cit, 2001, p. 2

32 F. CARLÀ citato in GIACOMO GIORGI, Simulmondo: una storia italiana (parte I), Leganerd.com, 28/11/2012, https://leganerd.com/2012/11/28/simulmondo-una-storia-italiana-parte-1/.

33 F. CARLÀ, ivi, p. 2.

34 Ivi, p. 11.

35 J.C. HERZ, Op. cit, p. 125.

36 F. CARLÀ, ivi, p. 91.

37 F. CARLÀ IN ANDREA PACHETTI, Una conversazione con Francesco Carlà, Quattro bit. Prolegomeni per una storia del videogioco, http://quattrobit.blogspot.it/2015/04/una-conversazione-con-francesco-carla.html

38 Cfr. F. CARLÀ, Space Invaders: la vera storia dei videogiochi, Roma, Castelvecchi, 1996.

39F. CARLÀ in A. PACHETTI, Ivi.

40 Cfr. F. CARLÀ, “Software made in England”,Quattro bit. Prolegomeni per una storia del videogioco, http://quattrobit.blogspot.it/2013/10/software-made-in-england.html, originariamente apparso in Computer Games Supplemento a Futura n. 15, dicembre 1984-gennaio 1985, pp. 8-11.

41 Con questo termine si intende l’aggiramento dei protocolli usati dal produttore per impedire la duplicazione del proprio prodotto da parte di terzi non autorizzati. All’epoca di cui stiamo parlando, per fare ciò era sufficiente servirsi di un normale registratore musicale a due sportelli, oppure di appositi programmi che copiavano sul computer il contenuto di una cassetta per poi scriverlo su un’altra anch’essa collegata al dispositivo.

42 Queste apparizioni televisive di Carlà potrebbero essere paragonate al machinima, cioè le animazioni digitali create utilizzando i motori grafici dei videogame e la possibilità offerta da molti titoli di registrare le partite, attraverso cui molti utenti “girano” dei veri e propri film. Il termine viene coniato per definire Diary of a Camper, il cortometraggio creato dal gruppo di giocatori The Rangers utilizzando la funzione di registrazione della partita di Quake (Id Software, 1996).

43 F. CARLÀ in A. PACHETTI, Ivi.

44 Ibid.

45 F. CARLÀ, Intervista da me effettuata il giorno 10/09/2015.

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